Bardineto. Come da programma è stata celebrata questa mattina la prima udienza davanti alla Corte d’Assise del processo per l’infortunio sul lavoro che, a Bardineto, era costato la vita ad un ventottenne, Gheorge Wladut Asavei. A gidizio, con l’accusa di omicidio volontario, violenza privata e falso, ci sono i titolari dell’agriturismo dove si era verificato il tragico avvenimento, i fratelli Angelo, Emilio e Maria Nadia Oddone, e la ex compagna di uno dei fratelli, Giuseppina Ferrari.
Questa mattina in aula non sono state presentate questioni preliminari e, di conseguenza, l’udienza è proseguita con l’ammissione delle prove testimoniali. Una volta ammesse le liste dei testimoni che saranno chiamati a deporre dal pm, dalla parte civile (rappresentata dagli avvocati Francesca Rosso e da Francesco e Fabio Ruffino) e dalla difesa il processo è stato rinviato.
La posizione degli indagati (assistiti dall’avvocato Alessandro Cibien) si era aggravata nel corso dell’iter giudiziario, con l’accusa passata da omicidio colposo a volontario. L’inchiesta era partita in seguito all’incidente sul lavoro avvenuto il 27 agosto 2009 nel quale Asavei, giovane operaio romeno, aveva perso la vita mentre stava lavorando in un terreno agricolo dell’azienda, con un trattore, insiemo al collega bosniaco Dragan Novakovic, rimasto solo ferito.
Ai fratelli Oddone ed a Giuseppina Ferrari viene contestata anche l’accusa di lesioni a carico di Novakovic. Fin dalle ore immediatamente successive all’incidente per gli inquirenti non era stato facile ricostruire l’esatta dinamica dell’episodio: i punti oscuri erano molti tanto che la Procura aveva disposto il sequestro anche del ristorante e dell’intera struttura ricettiva dell’agriturismo della famiglia Oddone, compreso il trattore che, secondo quanto ricostruito, è il mezzo che si ribaltò con i due braccianti sopra.
L’operaio, ferito in modo grave nel ribaltamento (aveva riportato la frattura dello sterno, della clavicola e di varie costole, una lesione che aveva provocato emotorace e pneumotorace, con un’ampia emorragia interna), era stato trasportato con mezzi privati, per la precisione un fuoristrada da Angelo Oddone e Ferrari, in ospedale ad Albenga dove era arrivato circa tre ore dopo l’incidente (alle 13,44). Secondo la perizia medica chiesta dalla Procura, un soccorso tempestivo avrebbe potuto dargli oltre il 90 per cento di probabilità di salvarsi.
Da parte loro gli imputati si erano sempre difesi fornendo delle spiegazioni delle loro scelte: il 118 non era stato allertato per accelerare i soccorsi visto che la zona dove è accaduto il fatto è a sette chilometri di distanza dall’agriturismo e vi si accede solamente con dei mezzi fuoristrada e non ci sarebbe stato lo spazio per l’atterraggio di elicotteri. Inoltre, sempre stando alle dichiarazioni che avevano reso gli Oddone i due operai, seppur feriti, erano coscienti e parlavano e si erano detti d’accordo per venire trasportati in ospedale con le auto.