Cronaca

Omicidio Stella, il Riesame si riserva sul ricorso di Tognini e Scardino

Omicidio Stella Corona

Savona. Come previsto è stato discusso stamattina davanti al tribunale del Riesame di Genova il ricorso contro la misura cautelare presentato da Alessio Scardino e Claudio Tognini. I giudici, dopo due ore e mezza di camera di consiglio, si sono riservati di decidere sulla richiesta di annullare il provvedimento eseguito dalla squadra mobile di Savona nei confronti dei due genovesi, che sono accusati di omicidio volontario per la morte di un loro amico, Andrea Macciò, ucciso da un colpo di fucile il 14 dicembre scorso in una villetta di Stella San Bernardo.

Dopo aver scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di garanzia davanti al gip, i due arrestati si erano appellati al Riesame. Tognini, difeso dall’avvocato Carlo Biondi, è detenuto a Genova, mentre Scardino, assistito dall’avvocato Emi Roseo, è a Terni, dove è stato fermato mentre era ospite di un amico. Entrambi erano assenti in aula stamattina.

Proprio il difensore di Scardino, l’avvocato Roseo, aveva ribadito le motivazioni del ricorso: “Non ravvisiamo ci siano novità tali rispetto a quando il mio assistito è stato interrogato da giustificare la misura cautelare”. In particolare le difese avrebbero fatto leva sull’insufficienza dei gravi indizi di colpevolezza, contestato la ricostruzione dei fatti sotenuta dagli inquirenti, ma anche evidenziato come da diverse testimonianze (le stesse assunte come “sit”, ovvero verbalizzate, dalla polizia) emergesse che i rapporti tra i tre amici erano buoni. Secondo i difensori degli arrestati più di un testimone ha riferito di aver incotrato, il pomeriggio del giorno dell’omicidio, a Stella, la vittima insieme agli arrestati e che il trio appariva in perfetto accordo. Elementi che ora saranno valutati dai giudici genovesi.

Sia Macciò che Scardino, dopo la morte di Macciò, avevano parlato con gli inquirenti spiegando quello che era successo come “un tragico scherzo” e di un colpo di fucile da caccia esploso “per errore”. Una versione che non aveva mai convinto del tutto il pm Chiara Venturi e gli uomini della squadra mobile che avevano continuato ad indagare. Sulla base degli accertamenti svolti (tre cui le numerose testimonianze raccolte, le prove balistiche e l’esame medico legale), gli investigatori hanno dedotto che quello di Stella non poteva essere un incidente, ma un omicidio. Di qui la decisione di contestare ai due amici il concorso in omicidio volontario (a sparare nella villa di Scardino il colpo di fucile mortale è stato Tognini) e occultamento di cadavere.

Gli investigatori hanno escluso che si sia trattato di un omicidio premeditato. Macciò, secondo la ricostruzione degli inquirenti, sarebbe infatti stato ucciso durante una discussione legata ad un debito di droga che è degenerata. Alcuni aspetti della vicenda sono però ancora oscuri. Per esempio non è chiaro se l’intenzione degli indagati fosse di chiarire o di minacciare l’amico. E ancora se il fucile sia stato preso per rendere più efficace la minaccia o nella concitazione della lite.

 

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