Liguria. L’obbligo di presentare il certificato penale “antipedofilia”, che entrerà in vigore da lunedì, continua a preoccupare tutti i cittadini che, per lavoro o volontariato, lavorano con i minori. Negli ultimi giorni, ma anche questa mattina, gli uffici del casellario giudiziale dei tribunali liguri sono stati letteralmente presi d’assalto da aziende a associazioni che volevano ottenere il documento o chiedevani informazioni a riguardo.
Lo conferma il procuratore capo di Genova Michele Di Lecce: “Siamo stati subissati di richieste, con aziende che hanno portato il consenso per centinaia di dipendenti. Un assalto inutile anzitutto perché fino a lunedì non può essere rilasciato nessun certificato perché il decreto entra in vigore domani. Molti evidentemente temevano di arrivare all’ultimo momento, ma non ha alcun senso perché lunedì non scade niente, semmai comincia qualcosa”.
Il procuratore capo di Genova ci tiene quindi a fare un po’ di chiarezza in una situazione che certamente anche a causa di chiarimenti non proprio efficaci da parte del Ministero della Giustizia, sta generando il caos: “Bisogna chiarire che il certificato va richiesto solo per i nuovi contratti di lavoro e non per i dipendenti e i collaboratori già assunti”. Altro dubbio riguarda il mondo del volontariato: “Sono ricompresi solo i contratti di lavoro, quindi il volontariato vero e proprio è escluso”. Poi però ci sono tutti i contratti “ibridi”, dai rimborsi spese, alle partite iva: “Secondo la nostra interpretazione la partite iva sono escluse perché il decreto parla esplicitamente di datori di lavoro”.
Come già spiegato, il decreto in sostanza prevede che dal 7 aprile 2014 (quindi da lunedì) i datori di lavoro che intendano impiegare una persona per svolgere attività professionali volontarie a contatto diretto con i minori, dovranno acquisire il certificato penale che riporti eventuali condanne per prostituzione minorile, pornografia minorile anche virtuale, turismo sessuale e adescamento dei minorenni. Certificato che a Genova viene rilasciato, dopo aver compilato un apposito modulo che contiene anche il consenso del lavoratore, dagli uffici siti al terzo piano di Palazzo di Giustizia: “Normalmente per certificati di questo tipo ci mettiamo un paio di giorni, ma con questo caos i tempi rischiamo di allungarsi”.
In ogni caso, visti i tanti dubbi sollevati in particolare dal mondo del terzo settore un’ulteriore circolare più dettagliata da parte del Ministero della Giustizia sarebbe quanto meno auspicabile.