Cronaca

Savona, i rapinatori “scaramantici” condannati: per padre e figlio 11 e 12 anni di carcere

Savona. Il gip del tribunale di Imperia, Laura Russo, ha condannato, oggi, a 11 e 12 anni di reclusione: Antonio e Vincenzo Palumbo, padre e figlio campani, accusati di aver messo a segno 11 rapine tra la Liguria, Piemonte ed Emilia Romagna, in concorso con Simona Righetto e Claudio Delli Castelli, due agenti immobiliari piemontesi che, a Savona, hanno già patteggiato una pena, rispettivamente a 3 anni e 8 mesi e 3 anni e 3 mesi. Colpi che avevano fruttato una somma pari a 550 mila euro.

In Liguria, i quattro arrestati avevano colpito: il 15 aprile 2011, a Savona, alla filiale Carige (90 mila euro il bottino); nell’imperiese: alla Banca Popolare di Novara, di Arma di Taggia (il 22 dicembre 2010); a Ospedaletti (il 22 marzo 2011) e, a Ventimiglia, alla Banca Carige (il 28 giugno 2011). Padre e figlio arrestati a Napoli e a Rimini, agivano all’interno delle banche; gli altri erano i basisti, incaricati di fornire appartamenti e la strumentazione necessaria per agire, tra cui le parrucche. Le armi sequestrate nella casa dei due basisti, a Bra (Cuneo), sono ora al vaglio del Ris di Parma per le analisi.

Agli arrestati viene contestato anche il reato di porto abusivo di armi. La donna è anche accusata di il riciclaggio dei proventi delle rapine, cambiati presso una banca, in banconote di piccolo taglio. Il sodalizio criminale agiva armato di mitragliette e pistole, spesso legava gli ostaggi con nastri da elettricisti e, per alterare i propri tratti somatici, utilizzava tamponi di ovatta che inserivano in bocca e nel naso. Tra le armi utilizzate, due pistole beretta e una “Skorpio”.

L’ultima “razzia” è avvenuta, il 16 settembre 2012, a Ceva (Cuneo). Gli inquirenti sono riusciti a recuperare solo i gioielli sottratti in una rapina messa a segno a Savigliano. I quattro sono stati individuati grazie alle immagini delle telecamere degli istituti di credito “visitati” dalla banda e grazie a una lunga attività di indagine e accertamenti.

Nelle abitazioni perquisite, i carabinieri hanno rinvenuto parte dei preziosi trafugati, armi da guerra e clandestine complete di munizionamento, parrucche e fascette utilizzate per immobilizzare le vittime. I malviventi (in particolare i campani), prima di agire, si rivolgevano ad una cartomante per essere rassicurati sul buon esito della rapina. La divinatrice, con sede nelle Langhe, non conosceva gli esatti affari dei suoi “clienti”. Alla fine, però, la malasorte li ha comunque travolti. I due campani sono comparsi in giudizio difesi dall’avvocato Luca Ritzu.

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