Cronaca

Stroncata da tumore a 12 anni, i genitori di Naomi non si arrendono: “Uccisa due volte, non deve capitare più”

Savona. Lutto, dolore e rabbia. Matteo Nardo, il papà di Naomi, la 12enne scomparsa nel 2010 a causa di un melanoma, non nasconde quali sono le emozioni provate da lui e dalla moglie all’indomani dell’incidente probatorio concluso ieri in tribunale. Un’udienza durante la quale i periti del gip hanno sostenuto che non vi sia un nesso causale tra la presunta mancata diagnosi da parte dei medici che avevano in cura la figlia e la sua morte.

Un verdetto che ieri, su Facebook, il papà di Naomi, aveva commentato così: “Il buon senso aprirà gli occhi e la verità prevarrà su ogni cosa”. I genitori della piccola non vogliono perdere la fiducia e il coraggio non manca, così come la volontà di arrivare a quella che il signor Nardo definisce “la verità” e che sarebbe diversa da quella emersa ieri in tribunale. Un verdetto, quello esposto dai due medici nominati dal gip (Antonio Osculati dell’Istituto di medicina legale di Varese e Claudio Favre oncologo pediatrico all’ospedale di Pisa), che non ha ritenuto possibile riscontrare la prova dell’esistenza del nesso causale tra la condotta dei medici (ed eventuali imperizie da loro commesse) e l’evento morte.

Oggi però, a distanza di 24 ore dall’udienza in tribunale a Savona, i genitori di Naomi non hanno nascosto il loro disappunto per l’andamento della stessa. Papà Matteo e Mamma Melinda hanno accettato per la prima volta di parlare davanti ad un microfono: “E’ difficile parlare ed esprimere le nostre emozioni. Immaginavamo che si potesse tenere una discussione a livello tecnico, ma secondo noi è stata a senso unico: hanno parlato solo i periti del giudice al quale ha potuto replicare solo il nostro avvocato Roberto Suffia nel quale ho grande fiducia, ma che non è un tecnico”.

“I periti, a mio avviso, hanno creato un po’ di confusione. Io e mia moglie ci auguriamo con il cuore che il buon senso, la verità ed un minimo di giustizia alla fine vengano fuori. Ora siamo preoccupati che il pm Paolucci possa archiviare il caso, ma dobbiamo affidarci alla dottoressa che ormai ha in mano le sorti di questa vicenda. Speriamo ci voglia ascoltare, voglia ascoltare un padre ed una madre ai quali è stato tolto l’amore di una figlia” spiega con la voce rotta dalla commozione il papà di Naomi, che ha precisato di essere pronto ad opporsi all’eventuale archiviazione dell’inchiesta.

Il padre della piccola definisce “un secondo omicidio” quanto avvenuto ieri in tribunale e, nel raccontare l’esperienza negli ospedali, spiega di aver ricevuto dai medici solamente una “condanna a morte” senza che gli venisse mai data la “possibilità di scegliere come far curare nostra figlia”.

“Siamo spinti ad andare avanti perché non abbiamo avuto mai, dal 2002 quando tutto è iniziato, la possibilità di salvare la vita di nostra figlia. Non ci è mai stata concessa, ora mi sento in dovere di riuscire a darle un minimo di giustizia affinché possa riposare in pace e queste storie, queste brutalità, non si ripetano più” aggiungono i genitori di Naomi che sostengono ci siano stati “tantissimi errori”, basati sulla prima diagnosi che parlava di un “tumore benigno”, nell’iter ospedaliero della figlia.

Matteo e Melinda, che in questi anni stanno tenendo vivo il ricordo di Naomi anche attraverso una pagina Facebook a lei dedicata, non vogliono arrendersi. Una scelta fatta per la loro bimba, ma non solo: “La cosa più devastante che ad un padre e ad una madre possa succedere è perdere un figlio. A noi, senza chiedere il permesso, non è stata data la possibilità di tutelare e curare la nostra piccola, magari andando all’estero. Ci hanno condannati ‘a vita’ e non vogliamo si ripeta su nessun bambino”.

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