Cronaca

Savona, “furbetti” dell’Asl: tutti assolti grazie ad una sentenza della Cassazione

Savona Tribunale

Savona. Il colpo di scena si è concretizzato al termine del processo ai cosiddetti furbetti dell’Asl. Il giudice monocratico Marco Canepa ha emesso sentenze di assoluzione per i 31 imputati dell’ospedale San Paolo, tra medici, infermieri e operatori socio-sanitari. Di fatto è stata accolta la tesi difensiva che portava a modello una recente pronuncia della Cassazione, la numero 48662 del 21 settembre 2012.

Secondo la Cassazione, infatti, chi effettua una doppia vidimazione, marcando oltre alla propria scheda magnetica anche quella di un altro collega, “agisce, in definitiva, come una longa manus di quest’ultimo”. Quindi, nel caso dei dipendenti dell’ospedale savonese e dell’uso dei badge per entrare ed uscire dal posto di lavoro, non può ravvisarsi il reato di sostituzione di persona. Da qui le assoluzioni per tutti i soggetti che erano finiti nell’inchiesta della Procura.

Il comportamento “disinvolto” potrebbe portare un danno alla pubblica amministrazione nel caso in cui il dipendente poi non si presentasse al lavoro. Secondo la Suprema Corte, però, nel caso analogo a quello savonese, non c’erano i presupposti per contestare la sostituzione di persona visto che in nessun momento il collega che timbra al posto dell’altro si attribuiva i dati identificativi o si presentava all’esterno come il secondo.

Il procedimento contro alcuni dipendenti dell’Asl 2 Savonese era stato aperto nel febbraio del 2010: nel mirino della Procura era finito l’utilizzo dei badge per timbrare l’entrata e l’uscita dall’ospedale San Paolo di Savona (capitava infatti che un collega timbrasse al posto di un altro). Inizialmente tra le ipotesi di reato c’era anche la truffa, ma poi l’accusa a carico dei lavoratori dell’ospedale era stata ridimensionata: in piedi era rimasta solo quella di sostituzione di persona. Esclusa oggi dal giudice monocratico in base alla sentenza dei giudici di Piazza Cavour, che ricalcherebbe in modo calzante la situazione del San Paolo. Era stato appurato infatti che, pur usando irregolarmente il tesserino, gli indagati non si erano assentati dal luogo di lavoro.

L’uso del badge contestato (comunque un comportamente non regolare) non si era rivelato così grave da tradursi nel reato di truffa: era rimasta in piedi solo l’accusa di sostituzione di persona. Accusa decaduta oggi in virtù della recente sentenza della Cassazione.

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