Cronaca

Violenza sulle donne, gli sportelli antiviolenza e le case-rifugio nel Savonese: sfuggire al mostro si può, ecco come

violenza contro le donne

Loano. Due “Buongiorno” di Massimo Gramellini dedicati alla violenza sulle donne: quello di oggi, che parla di vittime che non vogliono essere salvate, e quello di ieri con tanto di eloquente fotografia che immortala l’aula romana che, lunedì, si presentava desolatamente semi-vuota, proprio nel giorno del dibattito sulla ratifica della convenzione di Istanbul, che finalmente riconosce la violenza contro le donne come violazione dei diritti umani. Uno scatto che testimonia quanto le dichiarazioni di facciata, spesso, rischino di non corrispondere a un impegno concreto da parte delle istituzioni, anche se, alla fine, nel momento decisivo, i rappresentanti “romani” hanno recuperato e non hanno fatto mancare il proprio voto.

Abbandonando la politica “parlata” e guardando alle associazioni che “fanno”, e passando quindi da Roma a Loano – dove, lunedì sera, una 39enne è precipitata giù dal balcone della sua abitazione di via Dei Prigliani, dopo essere stata picchiata dal compagno, ora indagato per tentato omicidio – approdiamo allo sportello antiviolenza “Artemisia Gentileschi”, attivo nella cittadina rivierasca e ad Albenga, dando informazioni concrete a chi voglia finalmente salvarsi dal mostro che, spesso, si annida all’interno delle mura domestiche.

Gli sportelli sono attivi da gennaio 2011 e presso di essi hanno avuto accesso in percentuale 63% donne di nazionalità italiana, 13% donne di nazionalità marocchina, 8% donne di nazionalità albanese, 8% di nazionalità rumena, 4% di nazionalità argentina e 4% di nazionalità portoghese.

L'”Artemisia Gentileschi” è interamente gestito da volontarie che si occupano dell’ascolto telefonico e della gestione dei colloqui individuali; inoltre l’équipe volontaria di psicologi e legali offre consulenza specialistica. Le volontarie sono formate all’ascolto accolgono la donna vittima di violenza, nel più assoluto anonimato e senza giudizi e pregiudizi: la soluzione di un problema passa attraverso la sua conoscenza e il primo passo per vincere la battaglia contro discriminazioni, violenze e abusi è parlarne.

“Uscire dal silenzio – dicono gli addetti ai lavori – è la prima necessità delle donne vittime di violenza. Molto spesso esse non si sentono di denunciare, sperano che la situazione migliori, non si sentono vittime proprio perché manca loro la consapevolezza di esserlo e ritengono quasi normale ricevere spintoni, schiaffi, tirate di capelli. Inoltre queste donne hanno paura di affrontare da sole il giudizio della famiglia e della società in cui esse vivono”.

Per uscire dall’incubo ci si può rivolgere proprio a questo sportello attivo a Albenga e Loano nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì dalle 15,00 alle 17,30. Il primo contatto avviene telefonicamente al numero 0182.1901439. Perché, ce lo ricordano gli esperti, nessuno può difenderci meglio di quanto possiamo fare noi stesse.

“Ormai è una vera e propria emergenza, frutto di una culturta maschilista della donna-oggetto e della donna-possesso – è il commento dell’assessore savonese Isabella Sorgini – Accanto all’indignazione che ci pervade, le istituzioni devono però mettere in atto le azioni necessarie per stare davvero al fianco di queste vittime: non a caso il distretto savonese è l’unico ad avere un centro anti-violenza e due case rifugio per donne maltrattate”.

La casa rifugio “Isola che c’è”, ad esempio, è attiva dall’ottobre 2007. La casa accoglie donne sole o con minori garantendo loro la possibilità di rimanere in luogo sicuro e protetto per circa 6 mesi durante i quali insieme al Referente dei Servizi Sociali si concorda un progetto che ha come fine l’inclusione sociale. Considerato che i 6 mesi previsti dal progetto non sono spesso sufficienti al raggiungimento di una completa autonomia, soprattutto economica, è attiva da ottobre 2011 una Struttura di 2° livello, nella quale le ospiti dell’Isola che c’è possono essere trasferite e nella quale possono restare ancora un anno. Nella casa rifugio le donne vengono accolte sole o con i figli: sono bambini che hanno vissuto in un ambiente familiare particolarmente conflittuale, vittime di violenza assistita con tutte i danni annessi.

I posti letto sono in totale 10: 8 per inserimenti ordinari, 2 per le emergenze. A partire dal 2007 i dati più significativi che sono emersi sono: la netta prevalenza di inserimenti d’emergenza che sta a significare che il fenomeno esiste e che pertanto per un territorio come il nostro è importante avere un servizio di pronta accoglienza; un aumento delle donne straniere che forse più di un tempo si riconoscono e si ribellano a comportamenti violenti e umilianti e hanno gli strumenti per chiedere aiuto a chi di competenza.

Nell’anno 2012 sono stati ospitati qui 6 nuclei per un totale di 12 persone (6 donne 6 minori). Per informazioni rivolgersi ai servizi sociali di Savona, o del proprio Comune.

“Riflettendo che nulla giustifica un comportamento violento – si legge in una relazione della casa rifugio – dai racconti delle donne emerge che i motivi che portavano alla violenza sono classificabili nei seguenti: la donna sospetta relazioni extra coniugali e pertanto fa domande relative ad eventuali amanti, scatenando l’ira; la donna manifesta l’intenzione di volere interrompere la relazione, oppure appare troppo autonoma, intraprendente anche da un punto di vista lavorativo. E ancora: l’uomo è geloso, sospetta che la propria compagna possa avere un’altra relazione; l’uomo vuole esercitare un controllo assoluto sulla propria compagna alla quale non consente di lavorare, avere relazioni amicali diverse da quelle sue, avere relazioni con la propria famiglia d’origine, addirittura uscire per fare la spesa (se non accompagnata da lui); il compagno la umilia, la svaluta quotidianamente, la utilizza per fini economici poco chiari in cui è lei poi a risultare responsabile”.

Le ospiti di questa struttura sono solitamente donne in prevalenza al di sotto dei 40 anni, che sono riuscite in tempi abbastanza brevi a ribellarsi alle violenze riconosciute appunto come tali. Per quanto riguarda la provenienza, si conferma una prevalenza di straniere (albanesi, bulgare, egiziane, rumene). Le italiane, però, non mancano. A dimostrazione che la violenza sulle donne colpisce purtroppo ad ogni latitudine.

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