Savona. Si è aperto questa mattina il processo per un presunto giro di false fatturazioni che vede a giudizio il presidente dell’Unione Industriali e mministratore delegato della Demont Fabio Atzori e l’amministratore della ditta “Meta Costruzioni”, Fausto Baccino. L’ingegner Atzori, assistito dai legali Fausto Mazzitelli ed Amedeo Caratti, fin dal principio ha respinto tutte le accuse presentando anche una perizia di diverse pagine per documentarlo. Questa mattina in aula è stato sentito il primo testimone, un finanziere che si è occupato delle indagini, e il processo è stato poi rinviato al prossimo 2 luglio.
La vicenda era esplosa negli ultimi mesi del 2010 dopo un’indagine della Guardia di Finanza e della Procura di Savona. Fabio Atzori è chiamato in causa in qualità di direttore generale (fino al 2007) e poi di amministratore delegato e direttore tecnico della Demont. Secondo l’accusa, l’azienda valbormidese era la beneficiaria delle fatture fittizie emesse da alcune società “cartiere” (la Co.e.mi, la Meta Costruzioni e la C.I.M.I.) che erano intestate a due presunte “teste di legno”, Ivonne Ferrando e il figlio Stefano Bertone, e che sarebbero state amministrate di fatto da Ubaldo e Fausto Baccino. In particolare l’accusa per l’azienda beneficiaria è di aver evaso le imposte sui redditi e sul valore aggiunto indicando nelle dichiarazioni annuali della società elementi passivi fittizi utilizzando fatture della Co.e.mi e della C.I.M.I. relative ad operazioni inesistenti o comunque con indicazione di corrispettivi e Iva maggiori rispetto al reale per un valore superiore ai due milioni di euro. Un sistema che sarebbe stato messo in pratica dal 2005 e fino al 2009.
Ai titolari delle aziende invece la Procura contesta reati fiscali relativi alla presunto giro di false fatturazioni. Le aziende di cui erano titolari Ferrando e Bertano (Co.e.mi, Meta Costruzioni e C.I.M.I.) avevano infatti presentato dichiarazioni con elementi passivi ingenti: un milione 139 mila euro nel 2006 (Iva da recuperare per 218 mila euro), quasi due milioni nel 2007 (Iva per 358 mila euro) per la sola Co.e.mi, quasi 4 milioni di euro tra 2007 e 2008 per la Cimi. In più, sempre secondo la tesi dell’accusa, le stesse ditte a loro volta emettevano fatture per operazioni inesistenti “al fine di consentire a terzi l’estensione delle imposte dei redditi e sull’Iva”. Importi che, dal 2006 al 2009, “cubano” circa 7 milioni di euro di imponibile e Iva per un milione e 344 mila euro.
In sede di udienza preliminare, nel dicembre scorso, Ubaldo Baccino, Ivonne Ferrando e Stefano Bertone avevano scelto tutti di patteggiare (per il primo la condanna era stata a due anni di reclusione con la condizionale, mentre per gli altri due imputati la pena inflitta era stata di un anno di reclusione senza sospensione). Per Atzori e Fausto Baccino era invece arrivato il rinvio a giudizio .