Cronaca

Uranio impoverito, il vice brigadiere di Savona: “Vincerò la mia battaglia per rendere giustizia ai colleghi deceduti”

Uranio impoverito

Savona. Un’altra morte che lascia addosso un senso di ingiustizia profondo. E’ quella dell’ennesimo militare morto di cancro dopo una missione all’estero. Si tratta del Caporal Maggiore Erasmo Savino – 13 anni di servizio nell’Esercito – morto per un melanoma dagnosticato in seguito alla partecipazione a due missioni in Kosovo in cui svolgeva il compito di idraulico, in stretto contatto con quei terreni dove poco dopo si sarebbe cercato l’uranio impoverito.

La sua storia parte da Saviano, in provincia di Napoli, dove è nato, attraversa il Kosovo e arriva fino a Savona dove c’è un altro militare che combatte contro la sua stessa patologia e contro la medesima giustizia negata che non gli ha riconosciuto la causa di servizio. Gaetano, 44 anni, vice brigadiere dei carabinieri fino a quattro anni fa in servizio all’ombra della Torretta e qui residente, racconta la storia di Erasmo come se fosse la sua, ma con la speranza che l’epilogo sia ben diverso.

Il prossimo 5 marzo, il vice brigadiere affronterà l’ultima battaglia relativa al ricorso presso il tribunale del Lavoro di Savona per vedersi riconosciuta la causa di servizio. Gaetano lotta infatti contro la decisione del Comitato di Verifica per le cause di servizio presso il Ministero Economia e Finanze che non vede un collegamento diretto tra i compiti svolti in missione e la diagnosi di tumore. “C’è, eccome se c’è, e lo dimostrerò” tuona il militare.

“Combatterò anche per Erasmo e per tutti i colleghi nelle nostre condizioni: siamo stati privati del bene più prezioso, la salute, e ora ci trattano come degli invisibili. Ma noi esistiamo e siamo tanti, non possono chiudere gli occhi di fronte a questa tragica realtà” dice ancora.

Secondo l’Associazione vittime Uranio, in Italia sono oltre 200 i morti per possibile contaminazione da uranio impoverito e almeno 2500 i militari o ex militari gravemente ammalati.

Gaetano tra il settembre 2003 e l’aprile 2004 è stato in missione in Bosnia e in Kosovo con la Msu, la Multinational Specialized Unit, la forza di polizia che aveva compiti di lotta al crimine organizzato e al terrorismo. Al ritorno, come previsto dal protocollo Mandelli, è stato sottoposto a visite mediche regolari, fino a quando, nel dicembre 2008, gli è stato diagnosticato un tumore alla pelle. Alla fine, gli è stata riconosciuta un’invalidità del 77%, non può più svolgere le mansioni come sovrintendente della radio mobile come ha sempre fatto, e conseguentemente gli è stato decurtato lo stipendio.

Oggi la sua missione è quella di vedersi riconosciuta la causa di servizio e ricordare i colleghi morti tra il silenzio assordante dello Stato. “Ho sentito Erasmo a Natale: era allegro e felice di trascorrere le festività con la sua famiglia – racconta il vice brigadiere – Il mio collega chiedeva solo una cosa: vedersi riconosciuto il collegamento tra la sua malattia e gli incarichi svolti. Non solo il Ministero gliel’ha negata, ma lo ha anche congedato. Il 3 ottobre scorso era stato ascoltato in Commissione Parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, ma nulla si è comunque mosso. Ed è morto tra l’indifferenza del Paese che ha servito per 13 anni”.

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