Savona. Era stato fermato dai carabinieri per un normale controllo e sorpreso al volante senza le cinture di sicurezza. Per l’automobilista, T.V., 35 anni savonese, era così scattata la sanzione prevista dal codice. Quando i militari gli avevano riportato il verbale però il giovane – questa almeno la versione fornita dai carabinieri – avrebbe perso la pazienza aggredendoli prima verbalmente, con vari insulti, assumendo via via un atteggiamento sempre più aggressivo. A quel punto i carabinieri lo avevano arrestato per resistenza, oltraggio e lesioni a pubblico ufficiale (uno di loro era stato colpito ad un dito).
Un’episodio per il quale il trentacinquenne era finito a giudizio per direttissima: proprio durante l’udienza di convalida però l’arrestato aveva fornito una versione ben diversa dell’accaduto. Secondo l’automobilista, che ora è agli arresti domiciliari, infatti non c’era stata alcuna aggressione e nemmeno gli insulti ai carabinieri, ma, al contrario, erano stati loro ad esagerare nei suoi confronti. Questa mattina in tribunale, con un rito abbreviato condizionato all’audizione della fidanzata dell’imputato (che quel giorno era in auto con lui), si è concluso il processo e T.V. è stato condannato a sei mesi di reclusione (il pm aveva chiesto un anno).
Un verdetto contro il quale, come spiega l’avvocato difensore Nazareno Siccardi, certamente verrà fatto appello: “Adesso non ci resta che attendere le motivazioni della sentenza, poi molto probabilmente faremo ricorso in Appello”. Secondo la tesi difensiva quel giorno le cose sono andate ben diversamente: “Il mio assistito è stato fermato e, rilevata l’irregolarità, i carabinieri sono saliti sull’auto di servizio per fare il verbale. Dopo 25 minuti di attesa il mio cliente è sceso dall’auto ed è andato a chiedere ai militari se avevano finito e in risposta gli è stato chiesto di tornare sulla vettura. Solo dopo altri 15 minuti hanno finito e gli hanno portato la documentazione. Vista l’attesa di 40 minuti il mio assistito ha domandato se i militari fossero contenti di avergli fatto perdere tempo e a quel punto, senza altro motivo, gli hanno messo le manette ai polsi”.
Secondo la difesa non c’è stata nessuna aggressione: “Il militare si è infortunato mentre metteva le manette al mio assistito, ma non è stato ferito da lui. Tanto che, nella documentazione clinica dell’ospedale, si legge che la lesione deriva da un ‘infortunio di lavoro occorso durante un’operazione di servizio'”. Per la difesa si tratterebbe quindi non di una lesione volontaria, ma di un banale incidente.