Cronaca

Savona, colpo di scena nel processo ai “furbetti” dell’Asl: una sentenza della Cassazione potrebbe far cadere l’accusa

Savona Tribunale

Savona. Una sentenza della Cassazione, per la precisione la 48662 del 2012, che potrebbe portare ad un colpo di scena nel processo per i “furbetti della Asl”, i 31 dipendenti dell’ospedale San Paolo (fra medici, infermieri e operatori socio sanitari) coinvolti nell’inchiesta della Procura di Savona sull’uso disinvolto dei badge per entrare ed uscire dal posto di lavoro.

Questa mattina in aula alcuni dei difensori degli imputati hanno prodotto la sentenza in questione che, questa la loro tesi, porterebbe a riconsiderare l’accusa di sostituzione di persona contestata dalla Procura. Il pronunciamento della Cassazione afferma infatti che chi effettua una doppia vidimazione, marcando oltre che la propria scheda quella magnetica anche quella di un altro, “agisce, in definitiva, come una longa manus di quest’ultimo”. Un comportamento che potrebbe portare un danno alla pubblica amministrazione nel caso in cui il dipendente poi non si presentasse al lavoro. Una circostanza che potrebbe far scattare per i dipendenti l’accusa in concorso di truffa, ma che, secondo la Cassazione non ha i presupposti per contestare la sostituzione di persona (visto che in nessun momento il collega che timbra al posto dell’altro si attribuisce i dati identificativi o si presenta all’esterno come il secondo).

Una mossa che ha preso in contropiede la pubblica accusa che ha chiesto ed ottenuto dal giudice un rinvio per poter studiare la sentenza prodotta dalla difesa e valutare se ci siano i presupposti per far effetivamente decadere l’accusa. Il processo è stato così rinviato al prossimo 12 marzo 2013 per la discussione. Il procedimento contro alcuni dipendenti Asl era stato aperto nel febbraio del 2010: nel mirino della Procura era finito l’utilizzo dei badge per timbrare l’entrata e l’uscita dall’ospedale San Paolo di Savona (capitava infatti che un collega timbrasse al posto di un altro). Inizialmente tra le ipotesi di reato c’era anche la truffa, ma poi l’accusa a carico dei lavoratori dell’ospedale era stata ridimensionata: in piedi era rimasta solo quella di sostituzione di persona.

Era infatti stato appurato che, pur usando irregolarmente il tesserino, gli indagati non si erano assentati dal luogo di lavoro. Insomma la tesi che voleva un collega a posteggiare l’auto mentre l’altro stava timbrando l’entrata per tutti e due, o viceversa, ma nessun lavoratore solo “virtualmente” al lavoro, è sembrata la più corretta. Un comportamento comunque non regolare, ma non così grave da tradursi nel reato di truffa tanto che la Procura aveva contestato la sostituzione di persona. Reato per il quale gli indagati erano stati colpiti da un decreto penale di condanna al pagamento di una multa di tremilasettecentocinquanta (il corrispondente di 15 giorni di reclusione), al quale avevano presentato opposizione.

Di conseguenza, così come vuole la procedura, il caso era finito davanti al giudice monocratico. Ora però, alla luce di questa recente sentenza della Cassazione, anche l’accusa di sostituzione di persona potrebbe cadere per tutti gli imputati.

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