Dal sito giovanisavona.it: ecco l’intervista a Giovanni Impastato

Via Peppino Impastato a Monza

Savona. Ecco l’intervista realizzata da Federica Favano, studentessa savonese del Liceo Giuliano della Rovere a, a Giovanni Impastato, fratello di Peppino Impastato. L’intervista è pubblicata nella voce “Il punto su” del sito internet www.giovanisavona.it, spazio riservato ad approfondimenti su tematiche care ai giovani, con contributi, come in questo caso, elaborate da giovani stessi.

Giovanni Impastato ha partecipato a Savona il 16 e 17 novembre scorso a diversi incontri, anche con gli studenti di alcuni istituti superiori di Savona, tra i quali il Liceo Giuliano della Rovere, al fine di sensibilizzare i ragazzi alla lotta antimafia e renderli partecipi riguardo la storia del fratello Peppino. Numerose sono state le domande che i ragazzi, con interesse, hanno posto a Giovanni, il quale, con l’aiuto della moglie Felicia, ha risposto in maniera esaustiva e disponibile.

Le cose possono cambiare?
Le cose possono cambiare, anzi, sono cambiate. Partendo, per esempio, da casa Impastato: dapprima teatro di discussioni, problemi e due lutti gravissimi, oggigiorno resa accessibile a tutti coloro che desiderino visitarla. Ugualmente accade per casa Badalamenti, inizialmente luogo in cui venivano prese decisioni drammatiche, tra cui quella dell’ uccisione di Peppino, adesso è un bene confiscato alla mafia. Nel paese di Cinisi le cose sono cambiate, così come in tutta la Sicilia: i siciliani, infatti, hanno eletto come presidente della regione un sindaco capace di praticare antimafia attiva; esempio lampante del fatto che si vuole lasciare la mafia fuori dalla propria vita.

Il pensiero di Peppino può definirsi attuale rispetto alla società odierna?
Il percorso di vita ed il pensiero di Peppino si legano molto alla realtà attuale, in quanto lottava contro le ingiustizie, si batteva per una società ed un mondo migliore. Il pensiero di Peppino è facilmente riconducibile ai giorni nostri poiché le azioni da lui compiute possono essere, allo stesso modo, replicate da noi: anzi, ripeterle è un obbligo morale nei confronti di coloro che hanno perso la vita combattendo queste battaglie, nonché una lotta per della democrazia. Peppino oggi sarebbe qui di fianco a noi per portare avanti queste grandi battaglie di civiltà e di democrazia che ognuno dovrebbe condividere.

Peppino Impastato può essere considerato un eroe?
Peppino era uno di noi, era un ragazzo come tutti gli altri. Non era un eroe, nonostante molti lo definiscano tale per come è morto. Più che un eroe andrebbe definito come un punto di riferimento importante per tutti noi, per via della sua storia, delle lotte che ha combattuto, per ciò che lui diceva e per il suo impegno; tutti elementi attualissimi e riconducibili alla società odierna.

Oggigiorno quanto è importante sensibilizzare i giovani al concetto di legalità?
Molte persone tutt’oggi discutono a proposito di legalità. E’ importante, infatti, avere ben presente il concetto di legalità, fatto su cui Peppino dimostrava essere intransigente, poiché diversamente non sarebbe possibile ristabilirla in questo Paese. Legalità, più che rispetto per le leggi, è rispetto per la dignità umana: se in una legge vi è la mancanza del rispetto per l’uomo, noi dobbiamo lottare fino in fondo per cercare di cambiarla, in funzione della dignità umana. Come affermato da Don Lorenzo Milani, “l’obbedienza non sempre è una virtù”: a parer mio, infatti, la disobbedienza civile, né violenta, né strumentalizzata, è il giusto metodo per ristabilire la moralità in questo paese. Esempio di disobbedienza civile è quella compiuta da Martin Luther King, volta al fine di ribellarsi nei confronti delle leggi razziali, le quali inibivano totalmente la dignità umana.

Quando ed in seguito a quale episodio è scaturita la voglia di Peppino di opporsi alla mafia?
A metà degli anni sessanta, in seguito all’omicidio dello zio Cesare Manzella, capo cupola, attraverso un’autobomba, Peppino riesce a prendere coscienza del fatto che la mafia non fosse una cosa positiva, bensì negativa ed atroce.
Fu nel 1963, con la pubblicazione del giornale “L’Idea”, che Peppino portò avanti questa battaglia, rompendo con la famiglia e con il contesto sociale dominato dalla cultura mafiosa. Tale rottura può considerarsi storica e culturale, poiché non avvenne solamente all’interno della società, nell’ambiente in cui viveva, bensì anche nella propria famiglia, anch’essa di stampo mafioso.

Sono passati trentacinque anni dall’omicidio di Peppino, come ci si sente a guardare in dietro?
A distanza di 35 anni dall’uccisione di Peppino ci ritroviamo a parlare di lui non perché fosse un eroe, ma perché il suo pensiero, il suo impegno, la sua attività, il suo messaggio dovrebbe essere condiviso da persone che fanno parte di culture diverse per un semplice motivo: perché Peppino lottava per la libertà, per l’emancipazione della sua terra, per un mondo migliore.

Attraverso quali mezzi di comunicazione, nel corso del tempo, Peppino diffonde la sua idea?
A metà degli anni sessanta, in seguito all’omicidio dello zio Cesare Manzella, Peppino fu l’ideatore del giornale “L’Idea”. Fonda il giornale proprio in quel periodo difficile, in cui per la maggioranza parlare di mafia era considerata un’utopia, o peggio, un pretesto per screditare la Sicilia. Ma non era così: la realtà di quel periodo, in particolare nel contesto in cui si muoveva Peppino, mafia e politica erano colluse, di conseguenza potevano permettersi di fare ciò che volevano. Il giornale infatti chiude, poiché considerato scomodo da molti. Peppino però non si arrende e si improvvisa fotoreporter, al fine di documentare fotograficamente lo scempio del territorio compiuto dalla mafia. Tra le varie costruzioni abusive adiacenti alle coste, troviamo quella dell’autostrada, le cui curve vengono descritte ironicamente da Peppino come “una provvidenza divina per gli automobilisti che così non vanno a sbattere, si mantengono svegli”. Le curve, infatti, erano utili agli interessi mafiosi. In seguito al giornale, le battaglie pacifiste, la militanza politica, Peppino organizza il “Circolo musica e cultura”, volto all’utilizzo dell’arte come veicolo di comunicazione. All’interno di questo circolo Peppino organizzava cineforum o laboratori teatrali: da questo emerge l’attualità del suo pensiero. Peppino Fondò infine “radio AUT”, mezzo di comunicazione molto incisivo poiché, attraverso quei microfoni, riuscì a mettere in seria difficoltà i mafiosi, uomini potenti, intoccabili, omertosi, che facevano leva sulla paura della gente, attraverso l’ironia, lo sbeffeggiamento e la presa in giro. Per tale ragione Peppino non poteva più vivere, poiché i mafiosi non accettarono il fatto che egli non era più il ragazzino che, preso dalla voglia di cambiamento, giocava a fare la rivoluzione, bensì un vero e proprio militante antimafia e li avrebbe sconfitti.

Eravate intimoriti da ciò che stava facendo tuo fratello? Avevate paura?
Molti ci definiscono coraggiosi in quanto abbiamo portato avanti il nostro impegno, ma in realtà avevamo una grande paura. Colui che ne aveva meno di tutti, però, era Peppino. Nonostante tutto, come diceva Borsellino “dentro ogni persona c’è quel minimo di coraggio”, che noi in quel momento abbiamo avuto la prontezza di tirare fuori. La mia vera e grande paura nacque in seguito all’omicidio di mio padre, difatti chiesi a Peppino di smettere, poiché ormai non avevamo più nessuno a proteggerci. Lui ovviamente non acconsentì, portò avanti ugualmente i suoi ideali e fu ucciso, proprio in mancanza della protezione di mio padre, a sua volta ucciso perché in più circostanze tentò di salvare il figlio.

Federica Favano, 3°B Liceo Della Rovere

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