Savona. Il lavoro come emergenza locale e nazionale al centro dell’assemblea degli Industriali savonesi che si è svolta al Priamar di Savona. Tema reso quanto mai attuale dal dibattito in corso proprio queste ore tra parti sociali sul tema della produttività. Il lavoro per le imprese e per le persone, per i giovani, per la crescita sociale, per l’innovazione. Un ambito in crisi, come mostrano i recenti dati Istat che parla di un “rilevante incremento” del tasso di disoccupazione sia per quest’anno, al 10,6%, sia per il 2013 quando raggiungerebbe l’11,4%.
Con questo impegno di riflessione sono partiti i lavori dell’Assemblea 2012 aperti dai saluti del presidente dell’Unione industriali di Savona, Fabio Atzori ai quali ha fatto seguito un dialogo a tre sullo stesso nevralgico tema tra Fabio Atzori, Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria e di Paolo Mieli, presidente Rcs libri, moderato dall’editorialista economico Enrico Cisnetto.
Nella relazione introduttiva Atzori ha illustrato le centralità del tema lavoro come leva per la crescita economica e sociale del territorio e del Paese proprio in un momento invece caratterizzato dalla crisi di questa importante componente del sistema “chi lo cerca, chi teme di perderlo, chi si trova ogni giorno a combattere per superare un sistema di regole ostili che sembra fatto apposta per soffocare le volontà e depotenziare le energie propulsive” e continua Atzori: “Il lavoro non può essere creato per legge ma richiede condizioni ben definite per affermarsi in un contesto competitivo di modernità e di legalità”.
Il dialogo entra subito nel vivo con un focus sull’economia del territorio, come ricorda Atzori nel suo intervento: “Nel corso dei decenni l’economia savonese sostenuta da industria, porto, logistica delle merci, turismo e agricoltura ha distribuito ricchezza rendendo possibile un accumulo patrimoniale per le famiglie di livello medio alto in una virtuale classifica a livello Italia. A partire dagli anni Novanta si è verificato un declino strutturale che la crisi in atto sta aggravando. In queste scenario il lavoro rappresenta un problema cruciale: nella provincia gli occupati sono solo il 40% della popolazione. Al centro per l’impiego sono iscritte 23 mila persone, il 20% della forza lavoro. Le imprese, sotto attacco per la mancanza di lavoro, aumentano il ricorso agli ammortizzatori sociali. In questo scenario un numero crescente di lavoratori (si stima quasi 1000 unità) rischia di perdere il lavoro nei prossimi 18 mesi e le imprese attive a Savona negli ultimi 12 mesi sono diminuite del 1%”.
Ma il dibattito è stato anche l’occasione per Atzori per proporre strategie adeguate. “In un territorio nel quale esistono progetti di investimento prevalentemente privati di oltre 2 mld di euro nei prossimi 5-10 anni. Vi sono dunque le condizioni per reagire con rapidità e decisione purché si faccia uno straordinario sforzo collettivo tra tutte le componenti virtuose della società, occorre inoltre sostenere le imprese sane, contrastando il lavoro nero, l’evasione fiscale, la concorrenza sleale e l’illegalità. Il peso della burocrazia deve essere ridotto: è un problema di costi ma anche, soprattutto, un segno di civiltà”.
Tornando su un ambito di riflessione più nazionale, Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi interviene sostenendo “il sistema paese ha 19-20 punti di produttività in meno rispetto ad altre nazioni, questo dipende soprattutto dall’inefficienza pubblica”; sulla disoccupazione sostiene: “La prima emergenza da affrontare è quella dei giovani. Solo attraverso un forte programma di rilancio degli investimenti del settore manifatturiero in ricerca ed innovazione si possono creare i presupposti per una ripresa occupazionale”. “Certo – è il commento di Squinzi – la riforma del mercato del lavoro non sta aiutando le imprese, speriamo che le recenti modifiche introdotte sulla flessibilità in ingresso consentano di rispondere alle esigenze delle aziende”.
Paolo Mieli riporta il dibattito dell’attualità politica dicendo “l’esperimento del governo Monti, non per responsabilità sua personale, in questo primo anno di attività ha dato una mannaia forte sul piano fiscale e nulla sul piano dello sviluppo. La fine del governo Monti è responsabilità anche delle ingerenze dei partiti. L’inizio della fine è da ascrivere alla discussione in marzo sull’art 18. Di buono c’è stato che siamo rimasti un Paese pienamente integrato nel contesto europeo e anche la riforma delle pensioni. Il governo Monti avrebbe dovuto minacciare le dimissioni, non farlo ha dimostrato atteggiamento “politico” di questo governo tecnico”.
Sull’attualità politica intervengono anche i rappresentanti di Confindustria: “Su sviluppo, crescita e spending review il governo Monti non sta incidendo come dovrebbe” lo sostiene Squinzi, a lui si accoda Atzori che sostiene che “nel governo Monti non ci sono elementi che permetteranno uscita dalla crisi”. Guardando invece all’Europa Squinzi sostiene la necessità di “Una banca centrale europea con veri poteri di banca centrale, coordinamento europeo delle politiche fiscali, di welfare, di infrastrutture materiali ed immateriali e di quelle energetiche. Mettendo in comune questi cinque punti possiamo immaginare Stati Uniti d’Europa”. Sul ruolo dell’unione è d’accordo anche Atzori sostenendo “bisogna smettere di parlare in termini di campanilismo, bisogna ragionare in termini di cessione della sovranità”.
Arrivando al nodo del fisco Atzori dice: “Befera fa il suo dovere ma l’assioma di fondo è sbagliato. In Italia non ci sono veri ricchi” a sostenerlo Squinzi che dice “In Italia ci dovrebbe essere la certezza del diritto anche in ambito fiscale” . A chiudere il dibattito Atzori che sostiene la necessità di uno choc per l’Italia.