L’amore di Romeo e Giulietta vive sul palcoscenico del Teatro Chiabrera

Romeo e Giulietta Opera Giocosa

Savona. Si accende di mistero la Prima di Stagione dell’Opera Giocosa, che porta in scena la passione segreta di Romeo e Giulietta, struggente, travolgente, la storia d’amore più famosa in tutto il mondo.

I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini, tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani, apre il cartellone lirico autunnale domenica 21 ottobre alle 15.30 al Teatro Chiabrera di Savona. Nuovo allestimento progetto vincitore European Opera-Directing Prize 2011 in collaborazione con Opera Europa e Camerata Nuova.

Diversamente da quanto si può credere, la fonte di Capuleti e Montecchi non è la famosissima tragedia di William Shakespeare, all’epoca non così nota in Italia, bensì una lunga tradizione letteraria italiana dedicata agli amanti di Verona, in cui spicca la novella di Matteo Bandello (1554). Il libretto è una rielaborazione, da parte di Felice Romani, di un suo precedente melodramma, scritto per le note di Nicola Vaccaj.

Esempio chiarissimo di opera a numeri chiusi, equilibrata nella strumentazione, i Capuleti fu composta da Bellini in poco più di un mese – per ragioni di necessità – il che lo costrinse ad attingere ampiamente a suoi lavori precedenti, in primis da quella Zaira che solo un anno prima era andata incontro ad un irrimediabile insuccesso. L’opera, che comunque nasce da una sapiente rielaborazione della propria musica e non da una semplice riutilizzazione, precede di poco la Sonnambula e ne anticipa alcuni tratti di lirismo intenso e di dolcezza melodica; il finale invece, scritto con un declamato mirato a sottolineare i forti contrasti psicologici dei personaggi in scena, è un alternarsi di recitativo accompagnato e arioso.

Questo sconcertò in parte il pubblico, non abituato allo stile; in più una scrittura del genere non assecondava le aspirazioni virtuosistiche della primadonna, ansiosa, com’era l’uso del tempo, di sciorinare tutte le proprie risorse tecniche e lasciare di stucco la platea. Così, per tutto l’Ottocento si affermò la consuetudine di eseguire l’opera con il finale di Vaccaj, più tradizionale; e l’opera fu tra le più rappresentate.

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