Cronaca

Uranio impoverito, continua la battaglia del brigadiere di Savona: “In nome dei miei colleghi morti nel silenzio dello Stato”

Uranio impoverito

Savona. Gaetano le definisce “morti di Stato”. O sarebbe meglio dire: avvolte nel silenzio dello Stato. L’ultima in ordine di tempo è quella di Salvo Cannizzo, militare catanese malato di cancro dopo essere stato in Kosovo a contatto con l’uranio impoverito. Aveva 37 anni, una bella famiglia e tre bambine. Stesso destino per un collega di Livorno e per un altro, originario del Piemonte: e parliamo di decessi avvenuti nel solo ultimo mese e mezzo. A tutti è stato respinto il riconoscimento della causa di servizio.

Si tratta di militari di ritorno da missioni all’estero. Tutti hanno combattuto la stessa battaglia che sta portando avanti Gaetano – vice brigadiere dei carabinieri fino a tre anni fa in servizio a Savona e qui residente – che, nonostante una diagnosi impietosa di tumore alla pelle, tre interventi chirurgici, un anno di chemioterapia e cure continue presso l’Ist San Martino di Genova, non ha intenzione di retrocedere di un passo.

La sua è una storia simile a quella di tanti militari contaminati da uranio impoverito: una missione all’estero, compiti rischiosi, il ritorno a casa, una diagnosi di cancro e una richiesta di risarcimento negata. “E’ vergognoso che nessuno parli di questi uomini e padri di famiglia, che non trovano spazio nei tg nazionali, troppo impegnati a parlare del topless della Middleton. Siamo degli invisibili” tuona il militare savonese che si prepara all’udienza di ottobre davanti al tribunale del Lavoro di Savona.

Gaetano, 43 anni, tra il settembre 2003 e l’aprile 2004 è stato in missione in Bosnia e in Kosovo con la Msu, la Multinational Specialized Unit, la forza di polizia che aveva compiti di lotta al crimine organizzato e al terrorismo. Al ritorno, come previsto dal protocollo Mandelli, è stato sottoposto a visite mediche regolari, fino a quando, nel dicembre 2008, gli è stato diagnosticato un tumore alla pelle. Alla fine, gli è stata riconosciuta un’invalidità del 77%, non può più svolgere le mansioni come sovrintendente della radio mobile come ha sempre fatto, e conseguentemente gli è stato decurtato lo stipendio.

Oggi, il vice brigadiere lotta contro la decisione del Comitato di Verifica per le cause di servizio presso il Ministero Economia e Finanze che non vede un collegamento diretto tra i compiti svolti in missione e la diagnosi di tumore. Ad ottobre si discuterà il ricorso presso il tribunale del Lavoro di Savona. “Sono ottimista – dice Gaetano – Gli esami provano che il mio non è un tumore ereditario, bensì provocato dall’essere stato in contatto con l’uranio impoverito. Lo dimostrerò. Anche per quei militari che sono stati abbandonati da tutti, e, soprattutto, da ‘quello’ Stato per il quale hanno dato la vita”.

Secondo l’Associazione vittime Uranio, in Italia sono oltre 200 i morti per possibile contaminazione da uranio impoverito e almeno 2500 i militari o ex militari gravemente ammalati.

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