Sport

Leo Cusimano ai giovani mister: “Bisogna essere capaci di trasmettere le proprie idee calcistiche”

stadio bacigalupo - savona

Celle Ligure. Chi mastica calcio da tanti anni, rivede ancora Leo Cusimano come brillante giocatore sui polverosi campi della provincia, facilmente riconoscibile (ancorché al suo fianco giocasse il fratello gemello) per i colpi di classe con cui accendeva la partita. Era il periodo del football innovativo, anni ’70, inedito, rivoluzionario, del calcio totale olandese, del tecnico Rinus Michels, di Johan Cruyff, Ruud Krol, Johnny Rep e Johan Neeskens, la classe, la tecnica, la fantasia al potere.

Cusimano, classe 1951, ha militato nell’Albissola, nel Savona e nel Finale Ligure, prima di intraprendere la carriera di allenatore con l giovani dell’Albissola stessa, per poi arrivare a quella che per lui rappresenta la squadra del cuore: il Savona. Qui ha fatto la trafila, partendo dagli Allievi (con i quali ha vinto il titolo regionale), la Berretti ed infine nel 1996/97 la prima squadra, subentrando, a stagione in corso, a Gianni Mihalich: “Per me, tifoso biancoblu da sempre, essere stato il tecnico degli striscioni è stato motivo di grande orgoglio”. Cusimano ha poi chiuso la carriera allenando Finale e Pietra Ligure e successivamente collaborando con Flavio Ferraro alla Loanesi.

Cusimano, in qualità di Responsabile del Settore Giovanile del Savona, è stato un autentico pioniere di un nuovo tipo di calcio, dirigendo già allora allenamenti basati su metodologie moderne, coinvolgendo il gruppo che lavorava con lui in esercitazioni che mantenevano costantemente viva l’attenzione di tutti.

La sua critica ad una parte degli attuali giovani allenatori di squadre dilettantistiche è precisa: “Credono di apparire come tecnici capaci con il semplice uso di terminologie moderne, quali ‘esterno alto, quarto basso di sinistra, vertice avanzato’, mentre non basta padroneggiare il linguaggio mediatico per appropriarsi delle metodologie d’insegnamento. La dote principale di un allenatore deve essere la capacità di trasmettere agli altri quelle che sono le sue idee ed il modo che ha di concepire il calcio, che – ricordiamocelo – è un gioco di squadra. Per questo bisogna insegnare ai ragazzi a ‘pensare prima’ mentre si gioca. Devono capire ed anzi anticipare, le situazioni, per poter sviluppare un gioco armonioso attraverso movimenti non solo singoli, ma collettivi”.

“Certo – prosegue Cusimano – va curata anche la parte atletica (prestando attenzione all’età degli atleti per non creare eventuali danni ai troppo giovani) e va dedicato tempo alla tecnica di base – oggi troppo trascurata – ma la bravura di un allenatore va misurata nel gioco corale che il suo team sa esporre durante le varie fasi della partita”.

E’ un vero peccato che un personaggio come Cusimano abbia smesso di insegnare calcio alle nuove generazioni. Nel salutarlo ci tornano alla mente le parole tratte da una canzone di Francesco De Gregori, intitolata “La leva calcistica della classe ’68″… “Nino, non aver paura a sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore, lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia”. 

Claudio Nucci

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