Savona. Il Collegio del Tribunale di Savona ha preso una decisione circa l’istanza presentata dai legali della famiglia Fotia che hanno chiesto la revoca della misura interdittiva che, in questi mesi, ha impedito alla Scavo-Ter di trattare con la pubblica amministrazione.
Il Collegio, tecnicamente, non ha revocato la misura ma l’ha solo diminuita da nove a sei mesi. Sei mesi che sono scaduti il 12 settembre scorso: dunque, nel concreto, la ditta savonese può partecipare nuovamente alle gare pubbliche.
Il provvedimento cautelare è stato preso nell’ambito dell’inchiesta che ha preso le mosse dall’operazione “Dumper” e che aveva portato in manette, oltre che Fotia, anche il capo dell’ufficio tecnico del Comune di Vado Roberto Drocchi.
Proprio nell’ambito di quell’inchiesta il pm Ubaldo Pelosi, il primo marzo scorso, aveva chiesto al gip di adottare la misura dell’interdizione dalle gare pubbliche (un provvedimento cautelare previsto dal decreto legge 231 del 2001 che si applica nel caso di illeciti amministrativi dipendenti da reato, commessi da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo di un’azienda) per la Scavo-Ter e per altre due ditte he, secondo l’accusa, erano coinvolte nel giro di mazzette al comune di Vado Ligure, la Edil Ambrosiani e la Cemen Bit.
Richiesta che, dopo un’analisi delle carte, era stata accolta dal giudice Giorgi per l’azienda di Fotia e per la Cement Bit, ma non per la Edilambrosiani. Quest’ultima infatti, nel frattempo, avrebbe preso provvedimenti tali da impedire il rischio di reiterazione del reato che avrebbe giustificato l’esigenza di adottare la misura interditiva.
I difensori di Pietro Fotia avevano sostenuto fin da subito che la richiesta di misura non fosse giustificata in quanto il caso era legato a Drocchi e quindi, a loro giudizio, non sussisteva il pericolo di reiterazione del reato.