Economia

Report Cgil, Spagnoletti: “Il Savonese a terziarizzazione spinta, gli investimenti industriali ci sono ma devono essere attuati”

Savona. Un quadro inevitabilmente a tinte fosche quello tracciato nel report della Cgil sull’economia regionale, anche per la parte savonese. Spiega Bruno Spagnoletti responsabile dell’Ufficio Economico sindacale: “La congiuntura economica va letta all’interno della crisi che ha aspetti strutturali. Abbiamo chiuso un 2011 in recessione, con un Pil vicino allo zero, e le previsioni per il 2012 sono ancora più critiche con contrazione del prodotto interno lordo del 2%. La crisi ha accelerato le difficoltà dell’industria manifatturiera, che scende negli ultimi quattro anni di circa il 3,3%”.

La contrazione riguarda anche tutte le attività agricoli e direttamente produttive. “Di conseguenza – precisa Spagnoletti – aumenta del 5% il peso dei servizi del terziario, a conferma di una terziarizzazione spinta di questa provincia. Gli ultimi quattro anni hanno visto una perdita di 2000 posti di lavoro in provincia di Savona, il 4% della perdita complessiva della Liguria, soprattutto nel settore industriale”.

“Si è cercato di difendere il lavoro dipendente con tutti gli strumenti di ammortizzazione sociale; i lavoratori in cassa integrazione sono passati negli ultimi anni da 1500 ad oltre 2500. Lo stesso utilizzo della cassa integrazione straordinaria mostra punte preoccupanti nel Savonese, a dimostrazione che la crisi non è più congiunturale ma strutturale” aggiunge il referente della Cgil.

“Ora bisogna accelerare il cambiamento. Le occasioni ci sono, con un portafoglio ordini di 2,4 miliardi di investimenti per le operazioni strategiche, dalla piattaforma Maersk alla Tirreno Power al trasferimento Piaggio. Se si resta fermi si rischia di allungare il tunnel della crisi” conclude Spagnoletti.

Le dinamiche economiche della provincia di Savona continuano ad essere caratterizzate da un trend lento ed incerto, nel 2011 Savona è cresciuta solo dello 0,1% e le previsioni sul PIL 2012 sono di un –2%, quindi si delinea uno scenario di conclamata recessione. Il rallentamento del ciclo economico investe sostanzialmente tutti i cicli produttivi con un preoccupante arretramento dell’industria manifatturiera che oramai incide solamente per il 12% sul valore aggiunto complessivo. A fronte del calo dell’industria aumenta l’incidenza del settore del commercio, terziario e servizi che incide oramai per l’80%.

Dal punto di vista occupazionale il dato macro registra un ingannevole dato positivo di 439 posti di lavoro in più tra il 2008 e il 2011. Tuttavia, questo dato si ottiene dalla perdita di ben 3579 posti nell’industria compensati da posti di lavoro con contratti precari e part time nel commercio e nel terziario. Aumenta quindi il lavoro precario e mal pagato. Anche il dato sui disoccupati è ingannevole. Il loro numero tra il 2008 e il 2011 rimane sostanzialmente invariato, ma per effetto dell’aumento della categoria degli scoraggiati, cioè di coloro che, pur disoccupati, rinunciano alla ricerca attiva di un posto di lavoro. Impressionante il dato sulla cassa integrazione: nel quadriennio il ricorso alla cassa integrazione straordinaria è aumentato del 539,5%.

“Bisogna leggere bene i dati – prosegue il segretario della Camera del Lavoro di Savona, Francesco Rossello – perché i negativi effetti sull’occupazione che vediamo oggi sono frutto delle situazioni di crisi di uno, due anni fa. La situazione è destinata a peggiorare e gli effetti delle crisi attuali li vedremo a loro volta tra 1 o 2 anni”.

“Ci sono infatti parecchie centinaia di lavoratori che tecnicamente sono ancora dipendenti e non compaiono nelle statistiche della disoccupazione, però sono in cassa integrazione per cessazione d’attività e quindi dipendono formalmente da aziende che non esistono più ed andranno ad ingrossare le liste di disoccupazione e mobilità quando scadrà il periodo di cassa. Insomma uno scenario tragico per il quale sono necessarie risposte di carattere industriale; senza un lavoro stabile ed un reddito decente non possono ripartire i consumi e i centri commerciali che fioriscono uno dietro l’altro rischiano di rimanere cattedrali nel deserto e di chiamare nuove crisi aziendali e nuova disoccupazione” conclude Rossello.

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