Cronaca

Spaccio di eroina a Quiliano e Savona, due condanne a 20 mesi di reclusione

tribunale Savona

Savona. Si è chiuso con due condanne il processo che vedeva a giudizio due savonesi, Giuseppe Cotto e Virgilio Pianti, accusati entrambi di detenzione ai fini di spaccio di droga. Questa mattina, in tribunale, entrambi sono stati condannati ad un anno e otto mesi di reclusione e novemila euro di multa (il pm invece aveva chiesto una pena 18 mesi e 4500 euro di multa).

Cotto e Pianti erano stati arrestati nel giugno del 2011, a Quiliano, all’interno di una baracca in località Tissano dove andavano a dormire. Secondo l’accusa i due erano coinvolti in un giro di spaccio di eroina che sarebbe avvenuto, nei mesi precedenti al fermo, nella baracca dove i due (senza fissa dimora) passavano la notte, ma anche a Savona nella zona della fortezza del Priamar e in via Servettaz.

I due però hanno sempre negato di aver gestito un giro di spaccio come contestato dai carabinieri. Una tesi che era stata ribadita con fermezza in aula da Giuseppe Cotto che, durante la sua testimonianza, aveva spiegato: “Io mica facevo lo spacciatore per vivere nel lusso. Dormivo in un pollaio, chiedevo l’elemosina, figuriamoci se mi giravano soldi per le mani. Solo una volta ho ceduto ad un’amica uno ‘schizzetto’, un ‘grammetto’ di droga, che avevo perché me l’avevano regalato dei ragazzi in piazza del Popolo. Io non ho mai spacciato”.

La circostanza della cessione era stata confermata anche dall’interessata, ascoltata come testimone, che aveva spiegato di aver ricevuto dello stupefacente da Cotto, con il quale aveva un rapporto amichevole, solo in quella occasione. La donna aveva poi precisato di non conoscere invece Pianti. Sui contatti e rapporti che aveva con alcuni consumatori di stupefacenti Cotto si era giustificato: “Erano tutte persone che mi aiutavano. Come Riccardo (Ascioti, il trentenne savonese che il 23 marzo del 2011 era stato ucciso da un’oversose di eroina nella fortezza del Priamar, ndr) che mi aveva anche regalato un sacco a pelo. Ero in difficoltà e loro mi aiutavano. Sono tutte amicizie a livello di ‘barbonaggio’. Mi vergogno a dirlo, ma gli facevo pena, tutto qui. Non ho mai ceduto droga a nessuno di loro”.

Nella scorsa udienza la zia di Ascioti era stata chiamata a testimoniare perché, secondo gli inquirenti, il trentenne sarebbe stato uno dei presunti acquirenti che si riforniva di droga dai due imputati. Una tesi che non era stata direttamente confermata dalla zia del giovane che però ha ricordato di come il nipote avesse avuto dei debiti con Cotto: “E’ capitato che mi chiedesse dei soldi spiegandomi che li doveva a Beppe. Una volta l’ho anche accompagnato a portargli 270 euro” aveva ricordato la donna.

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