Cronaca

Ottantenne deceduta dopo una caduta in clinica: il figlio annuncia battaglia per vederci chiaro

Savona Tribunale

Savona. Un esposto-querela di un figlio che vuole capire se vi siano resposabilità per l’avvenuta morte della madre, deceduta lo scorso 25 febbraio all’ospedale San Paolo di Savona dopo un ricovero urgente resosi necessario a seguito di una caduta nella clinica presso la quale era ospite dal 23 maggio 2011.

I fatti hanno come teatro una residenza protetta di Savona e hanno come protagonista Marcellina, quasi ottantenne, affetta da demenza senile, con gravi problemi motori e in grado di muoversi solo con l’ausilio di un girello. Come si legge nero su bianco nella denuncia, dopo due mesi dal ricovero, il figlio riceve una telefonata dei responsabili della struttura che lo informano di “non trovare più sua madre”: una chiamata che mette ovviamente in allarme l’uomo, ma che “rientra” dopo il ritrovamento della donna in ascensore (“ciò solo grazie alla fortunata circostanza che la degente aveva avuto la prontezza di schiacciare il tasto di allarme”, si legge nell’esposto).

Ma questo è solo un “precedente” rispetto all’episodio che viene contestato e che, secondo il figlio, potrebbe aver causato la morte della madre. Il 23 febbraio, infatti, arriva la seconda chiamata dalla clinica: questa volta l’uomo deve correre presso la struttura perché l’anziana donna è caduta sbattendo la testa e la schiena ma, gli avrebbero assicurato i medici “non si tratta di una cosa seria”. “Circa la dinamica della caduta – si legge nella denuncia – non venivano offerte spiegazioni verosimili e, comunque, univoche: secondo una prima versione, la paziente si stava alzando da tavola per prendere il girello cadendo all’indietro; secondo la versione successiva, la degente stava camminando con il girello perdendo l’equilibrio, mentre un altro paziente stava cadendo a sua volta”.

Il risultato è che si decide comunque per il trasporto all’ospedale San Paolo di Savona (“la paziente era – pare – cosciente e per precauzione veniva trasportata al Pronto Soccorso”, si legge nel documento firmato dal legale che assiste il figlio della donna, l’avvocato Cristiano Angelini).

Qui, come racconta l’uomo, Marcellina viene sottoposta ad una serie di esami da cui risulta una Tac negativa, emocromo nella norma ma l’esistenza di una piccola embolia polmonare per cui si opta per un ricovero di un paio di giorni nel reparto di Traumatologia (“in Medicina – si specifica – non vi erano letti disponibili”).

Inizia però un peggioramento nelle sue condizioni di salute: la donna pare sempre più assente e con continui conati di vomito. Il giorno seguente “alle ovvie richieste di chiarimento – si legge – veniva risposto che ‘era tutto sotto controllo’ e, al momento del pranzo, veniva detto all’esponente che ‘visto che ha il vomito, mi sembra chiaro che la migliore cura in questi casi sia il digiuno'”. Le condizioni continuano a peggiorare: il figlio sostiene d’aver insistito per passare la notte lì ma i medici gli avrebbero detto che non ve ne era bisogno, e sabato 25 si arriva all’epilogo.

L’uomo assicura che l’infermiera gli avrebbe riferito che la mattina era passato il medico a visitare l’anziana e che un’altra infermiera avrebbe dato “due schiaffi per far rinvenire la signora priva di sensi”. A questo punto il figlio fa chiamare un dottore, Marcellina viene sottoposta ad una nuova Tac che dà una diagnosi senza speranza: emorragia cerebrale massiva. Di qui la richiesta di un intervento chirurgico al Santa Corona per vedere se vi fosse margine di intervento, ma la risposta è stata negativa. Alle 22,15 dello stesso giorno l’ottantenne muore.

Il 27 febbraio, dopo i funerali, il figlio va in ospedale chiedendo la cartella clinica e incontrando un medico che gli avrebbe riferito che “sicuramente l’emorragia è dovuta alla caduta ma, avendo in corso anche un’embolia polmonare, hanno dovuto scegliere come curare: curando l’embolia con coagulanti del sangue si andava a favorire l’emorragia”. E il figlio ora vuole vederci chiaro.

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