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Fossa di Lavagnin, anche il CTU del tribunale di Savona conferma: “E’ una bomba chimica ad orologeria”

Pontinvrea. Il Consiglio comunale di ieri sera nel piccolo comune dell’entroterra savonese ha trattato come primo punto all’ordine del giorno la questione della Fossa di Lavagnin.

L’ex cava è stata oggetto di un abbancamento di rifiuti, principalmente fanghi di cartiera. Sulle attività del sito l’amministrazione Camiciottoli e molti cittadini si erano sempre dimostratati contrari e, ieri, quando il geologo Elio Orsi, perito del Comune, ha spiegato le conclusioni alle quali è arrivato il consulente tecnico nominato dalla Procura savonese, i peggiori incubi degli abitanti sono diventati realtà. Ci sarebbe già chi pensa di vendere la casa e andare ad abitare altrove.

“Non vogliamo fare terrorismo ecologico – esordisce così Orsi – ma le conclusioni del CTU (Consulenza Tecnica d’Ufficio) sono più incisive delle nostre anche perché gli esperti avevano a disposizione strumenti migliori dei nostri: anzi, c’è da dire che l’Arpal della nostra Regione non ha proprio in dotazione tali strumenti tanto che, per la nostra perizia di parte, abbiamo richiesto l’intervento dell’Arpap ovvero l’omologo piemontese dell’Arpal”.

Sono ormai due anni che l’amministrazione Camiciottoli si batte perchè gli enti preposti al controllo della Fossa di Lavagnin agiscano per tutelare la salute e la sicurezza dei cittadini. “Abbiamo avuto risposte ridicole da parte di molti funzionari – interviene il geologo – Ci hanno detto che i fanghi da cartiera non sono pericolosi. Insomma, sarebbe come dire che le mine antiuomo non sono mortali: tuttavia è meglio non camminarci sopra”.

Il consulente della Procura non solo ha confermato l’alta presenza di biogas e metano nel sottosuolo ma, grazie agli strumenti più moderni a disposizione, ha rivelato la presenza di gas velenosi e mortali in quantità allarmanti.

“Grazie alla perizia abbiamo ottenuto anche il calcolo complessivo di quanto è stato abbancato nell’ex cava (circa 15mila metri cubi a fronte di una autorizzazione di 12mila) senza contare il fatto che il materiale per essere reso innocuo avrebbe dovuto essere mischiato a terra e ghiaia: al contrario, sono stati abbancati quasi esclusivamente fanghi” prosegue ancora Orsi.

“La falda acquifera è intaccata dal percolato che deriva dalla discarica e questo vuol dire che il torrente Erro, che dista a poche centinaia di metri, potrebbe essere inquinato. Il CTU, tra l’altro, insiste molto sulla presenza dell’oleodotto della Sarpom, Quiliano Trecate, che trasporta idrocarburi e che sono sostanze notoriamente infammiabili, ma il problema è che il biogas che viaggia sotto terra potrebbe trovare una via sotterranea molto più facile da attraversare vista la composizione del terreno lungo la tubazione”.

Molte le domande al geologo da parte dei cittadini e dei consiglieri. “Metta qualche rilevatore di gas in casa e non usi cantine o spazi interrati”, è l’inquietante risposta data dall’esperto ad un abitante di Pontinvrea, che abita a poche centinaia di metri dalla fossa di Lavagnin.

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