Cronaca

A giudizio per spaccio di eroina, imputato si difende in aula: “Non sono uno spacciatore, mica vivevo nel lusso”

Savona Tribunale

Savona. Si avvia verso la conclusione il processo che vede a giudizio due savonesi, Giuseppe Cotto e Virgilio Pianti, accusati entrambi di detenzione ai fini di spaccio di droga. Questa mattina, in tribunale, con l’audizione dell’ultima testimone e l’esame imputati si è chiusa infatti la fase istruttoria del processo che è stato rinviato al prossimo 4 maggio per la discussione e, salvo ulteriori rinvii, la sentenza.

Cotto e Pianti erano stati arrestati nel giugno del 2011, a Quiliano, all’interno di una baracca in località Tissano dove andavano a dormire. Secondo l’accusa i due sarebbero coinvolti in un giro di spaccio di eroina che sarebbe avvenuto, nei mesi precedenti al fermo, nella baracca dove i due (senza fissa dimora) andavano a dormire, ma anche a Savona nella zona della fortezza del Priamar e in via Servettaz.

I due però hanno sempre negato di aver gestito un giro di spaccio come contestato dai carabinieri. Una tesi che è stata ribadita con fermezza anche questa mattina da Giuseppe Cotto che, durante la sua testimonianza, ha ribadito: “Io mica facevo lo spacciatore per vivere nel lusso. Dormivo in un pollaio, chiedevo l’elemosina, figuriamoci se mi giravano soldi per le mani. Solo una volta ho ceduto ad un’amica uno ‘schizzetto’, un ‘grammetto’ di droga, che avevo perché me l’avevano regalato dei ragazzi in piazza del Popolo. Io non ho mai spacciato”.

La circostanza della cessione è stata confermata anche dall’interessata, ascoltata come testimone, che ha spiegato di aver ricevuto dello stupefacente da Cotto, con il quale aveva un rapporto amichevole, solo in quella occasione. La donna ha poi precisato di non conoscere invece Pianti. Sul rapporto con quella signora Cotto ha raccontato: “Lei mi piaceva: le avevo anche fatto delle avances, ma non c’è mai stato nulla tra noi”.

Sui contatti e rapporti che aveva con alcuni consumatori di stupefacenti Cotto ha spiegato: “Erano tutte persone che mi aiutavano. Come Riccardo (Ascioti, il trentenne savonese che il 23 marzo del 2011 era stato ucciso da un’oversose di eroina nella fortezza del Priamar, ndr) che mi aveva anche regalato un sacco a pelo. Ero in difficoltà e loro mi aiutavano. Sono tutte amicizie a livello di ‘barbonaggio’. Mi vergogno a dirlo, ma gli facevo pena, tutto qui. Non ho mai ceduto droga a nessuno di loro”.

Nella scorsa udienza la zia di Ascioti era stata chiamata a testimoniare perché, secondo gli inquirenti, il trentenne sarebbe stato uno dei presunti acquirenti che si riforniva di droga dai due imputati. Una tesi che non era stata direttamente confermata dalla zia del giovane che però ha ricordato di come il nipote avesse avuto dei debiti con Cotto: “E’ capitato che mi chiedesse dei soldi spiegandomi che li doveva a Beppe. Una volta l’ho anche accompagnato a portargli 270 euro” aveva ricordato la donna.

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