Cronaca

Tra Loano e il Sudamerica le rotte del riciclaggio: sotto sequestro l’impero Fameli, beni e società per oltre 10 milioni

Loano. La filiera del riciclaggio era tra la Liguria, il Brasile ed il Perù, passando per le Canarie. Non a caso l’inchiesta che ha portato all’arresto di Antonio Fameli e dei suoi collaboratori è stata battezzata “Operazione Carioca”. I reati contestati sono quelli di associazione per delinquere, trasferimento fraudolento di valori, esercizio abusivo dell’attività di promotore finanziario, false dichiarazioni su fatture o operazioni inesistenti, falsità ideologica e materiale in atti pubblici, e, la voce più corposa, violazione della normativa antiriciclaggio.

Oltre all’imprenditore calabrese, gli altri destinatari delle custodie cautelari in carcere (avanzate dal pm Ceccarelli e firmate dal gip Aschero) sono il suo commercialista di fiducia Carlo Ciccione, che da anni ne gestiva i molteplici affari, e il figlio, Serafino, che si trova attualmente in Sudamerica. Nei guai sono finiti anche la convivente dell’imprenditore, Clara Juana Magino Soculaya, considerata un prestanome, e altri due factotum, D.F. e C.C.: per i tre sono stati disposte misure di obbligo domiciliare o di dimora. Complessivamente sono sedici le persone indagate, comprese quelle arrestate. Due misure interdittive riguardano un notaio e un direttore di un ufficio postale del ponente.

Antonio Fameli, originario di Rosarno è stato indagato più volte per collegamenti mafiosi e collegamenti con la cosca della ‘ndrangheta dei Piromalli, in stretto collegamento con il boss Carmelo “Nino” Gullace. Nel 1983 era stato arrestato per associazione a delinquere di stampo mafioso con numerosi precedenti per usura, estorsione e reati contro il patrimonio. I problemi giudiziari lo hanno coinvolto anche per reati fiscali e di bancarotta.

Sono una quindicina le società riconducibili a Fameli finite nel mirino della polizia, ma due in particolare erano al centro delle attività illecite: la Scim Srl e la Marinvest Sas. A queste si aggiungano la Monte Carmo Sl. e la Vallauris Sl., con base alle Canarie. Il giro di riciclaggio, attraverso la casa da gioco “Casinò Royale” sull’Aurelia a Loano, trovava sponda in Sudamerica con la Pafimo Empreendimentos Imobiliarios Ltda in Brasile e con la Arcobaleno Sac. in Perù.

Le indagini condotte dalla squadra mobile della Questura savonese hanno preso spunto dalla denuncia, raccolta un anno e mezzo fa, di un’albergatrice loanese per il reato di usura. Gli inquirenti hanno ricostruito i legami di Fameli: i proventi derivanti dalle attività immobiliari venivano riciclati all’estero, dal momento che i profitti non potevano rientrare nell’economia legale. “Fameli era assai scaltro, con i suoi professionisti di fiducia, a nascondere il suo patrimonio. In effetti utilizzava queste società non solo di diritto italiano ma anche estero come schermi giuridici per nascondere l’effettiva titolarità della proprietà dei beni e sottrarsi così alle misure di prevenzione” ha evidenziato il dirigente della squadra mobile, Rosalba Garello.

L’indagine si chiude, per ora parzialmente, anche con il sequestro di un patrimonio notevole: le proprietà di Fameli superano i 10 milioni di euro di valore. Sono stati avviati al sequestro, oltre alle quote e al complesso aziendale delle società, 44 beni immobiliari fra appartamenti e terreni a Loano, Boissano e Borghetto. Ora gli accertamenti degli investigatori vanno avanti e si focalizzano sui legami del gruppo Fameli con gli esponenti della criminalità organizzata.

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