Savona. Non ha scelto la via del silenzio. Questa mattina Andrea Damele, 46 anni, il savonese arrestato nell’ambito dell’inchiesta della Procura sul crac “Geo”, ha infatti deciso di parlare davanti al gip Emilio Fois ed al pm Ubaldo Pelosi. Secondo quanto trapelato, Damele, considerato dagli inquirenti il “braccio destro” di Andrea Nucera (che al momento è irreperibile), avrebbe attribuito le responsabilità proprio all’imprenditore cerialese.
“Non ho mai deciso nulla, se firmavo lo facevo per amicizia nei confronti di Nucera e seguendo le sue indicazioni” sarebbe il senso delle parole pronunciate in carcere da Damele. Al termine dell’interrogatorio, durato circa due ore, il legale di Damele, l’avvocato Enrico Nan (lo stesso difensore di Andrea Nucera) ha presentato un’istanza di “alleggerimento della misura di custodia cautelare” per ottenere la scarcerazione (o attraverso i domiciliari o con l’obbligo di firma). Il giudice si è riservato di decidere entro la giornata di domani in merito a questa richiesta.
Dalla Procura non è arrivato nessun commento, ma solo la conferma che Damele non avesse scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Il quarantaseienne è stato arrestato venerdì scorso in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per le accuse in concorso di bancarotta fraudolenta e di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. Lo stesso provvedimento ha colpito anche Andrea Nucera che però risulta irreperibile (secondo indiscrezioni da mesi si era spostato negli Emirati Arabi, forse ad Abu Dhabi).
Oltre all’arresto di Damele, la guardia di finanza, ha anche eseguito il sequestro di disponibilità bancarie per 4 milioni di euro e di una collezione di opere d’arte il cui valore supera abbondantemente i 2 milioni di euro. Sono stati infatti sequestrati quadri di grandi esponenti dell’arte moderna, quali Joan Mirò – Salvador Dalì – Enrico Baj – Nicola De Maria – Keith Haring ed una scultura di Rabarama che arredavano gli uffici delle società del Gruppo Geo. Il valore complessivo dei beni mobili ed immobili finora sequestrati dagli inquirenti nell’ambito di questa inchiesta supera i 131 milioni di euro.
La Procura contesta a Nucera e Damele atti fraudolenti sui beni della società che sarebbero consistiti nella spoliazione delle risorse mediante operazioni di conferimento, fusione e scissione tra società, riconducibili sempre allo stesso vertice. I due inoltre avrebbero anche compiuto atti con l’obiettivo di impedire la ricostruzione del patrimonio ed il movimento degli affari.