Cronaca

Delitto Genta, niente appello della Procura: Giancarlo D’Angelo è innocente

Delitto Genta, processo a Giancarlo D'Angelo

Savona. Non ci sarà nessun appello della Procura e per la sentenza di proscioglimento è stato depositato il decreto di esecutività. Giancarlo D’Angelo, l’imprenditore cairese che era stato processato e assolto per la morte di Alberto Genta, quindi è innocente. Genta, conosciuto come lo “spagnolo”, era misteriosamente scomparso tra il 7 e l’8 maggio del 2003 e non è mai stato più ritrovato, né vivo né morto. Per il suo presunto omicidio però D’Angelo era finito a giudizio davanti alla Corte d’Assise di Savona che però, lo scorso 22 marzo, lo aveva assolto “perché il fatto non sussiste” (il pm aveva chiesto 21 anni).

La difesa dell’imprenditore cairese si aspettava un ricorso in appello della Procura che però non è arrivato: una mossa che mette per sempre la parola fine sulla vicenda. D’Angelo infatti, visto che è stato depositato il decreto di esecutività della sentenza che, in sostanza, l’ha resa irrevocabile, è innocente e non sarà più processabile per la morte di Alberto Genta.

“Sono sorpreso, ma non più di tanto – ammette l’avvocato Attilio Bonifacino che con il collega Carlo Risso ha difeso D’Angelo da un’accusa che l’imprenditore cairese ha sempre respinto con forza -. Sinceramente pensavo che la Procura avesse intenzione di proporre appello, ma al tempo stesso dopo aver letto la sentenza mi sono reso conto – e lo avevo dichiarato all’epoca – che in quelle pagine c’erano tutte le spiegazioni del perché D’Angelo non poteva aver ucciso Genta. E forse anche la Procura di Savona si è convinta della stessa cosa”.

Giancarlo D’Angelo, avvisato tramite i familiari di questa notizia, si è detto “felice” della conclusione positiva dell’odissea giudiziaria che in questi anni lo ha visto finire in carcere con l’accusa di omicidio, poi scarcerato per decorrenza termini, poi nel tritacarne del processo tra perizie, interrogatori, testimonianze, persino l’esumazione del corpo sepolto ad Altare e che l’esame del Dna ha escluso sia quello del faccendiere scomparso.

L’imprenditore cairese al momento è in carcere dove sta scontando, dal 2010, un cumulo di pene (5 anni e 3 mesi) per varie bancarotte legate alle sue attività. D’Angelo ha il permesso di uscire alcune ore al giorno per lavorare, anche se il suo non è ancora un vero e proprio regine di semiliberta. “Ho fatto molti sbagli nella mia vita – ha sempre dichiarato – e ho sempre pagato per questo. Ma non sono un assassino”. Un pensiero che nessun giudice ora potrà più cambiare. Restano invece tutti i misteri legati alla sparizione di Alberto Genta: chi l’ha ucciso? Perché? Dov’è il suo corpo? Interrogativi ai quali, forse, non verrà mai data una risposta.

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