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Operazione contro clan mafiosi: Nunzio Di Gennaro torna in libertà

Savona. Nunzio Di Gennaro, 56 anni, l’imprenditore savonese, ma originario di Gela, arrestato il 18 maggio scorso nell’ambito dell’operazione antimafia “Tetragona”, è tornato in libertà. Il Tribunale del Riesame di Caltanissetta vista l'”insussistenza dei gravi indizi su cui si basa la misura cautelare della custodia in carcere”, ha deciso di accogliere il ricorso dei legali di Di Gennaro, il savonese Roberto Nasuti e il gelese Davide Limoncelli, annullando l’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Dopo 27 giorni in cella così l’imprenditore ha potuto lasciare il carcere. “A nostro avviso non c’erano assolutamente i presupposti per sostenere l’accusa contestata a Di Gennaro, cioè concorso esterno in associazione mafiosa. Leggeremo oggi le motivazioni del Riesame: per il momento ciò che conta è che Di Gennaro sia tornato a casa” è il commento dei difensori.

Nell’ambito dell’operazione la polizia aveva notificato 62 ordinanze cautelare in carcere, firmate dal Gip di Caltanissetta su richiesta della Direzione distrettuale Antimafia, a esponenti di spicco dei clan Rinzivillo ed Emmanuello: tutti sono accusati, a vario titolo, di estorsione, associazione mafiosa, traffico internazionale di sostanze stupefacenti, incendi, detenzione e porto di armi.

Delle 62 ordinanze di custodia, 36 sono state notificate in carcere a persone già detenute, di cui 14 stavano per essere scarcerate. In Liguria, oltre a Di Gennaro, le persone colpite dai provvedimenti sono due: Emanuele Monachella e Vincenzo Morso, entrambi nati a Gela, ma residenti a Genova. Nell’operazione, chiamata “Tetragona”, sono stati anche sequestrati appartamenti, ville e società edili, per un valore di oltre 10 milioni di euro. Gli affiliati delle due cosche, da tempo in lotta tra loro per il predominio mafioso, erano inoltre coinvolti in un traffico di cocaina importata da Santo Domingo. I proventi illeciti venivano reinvestiti in immobili ed imprese commerciali nel Nord Italia.

Le estorsioni messe a segno dai due clan sarebbero molteplici: ben 15 imprenditori hanno collaborato con la giustizia denunciando intimidazioni e richieste di pizzo. Sono stati inoltre ricostruiti decine di episodi estorsivi, dalla classica ‘messa in regola’, all’imposizione di materiale da acquistare presso aziende ‘amiche’, all’assunzione di personale.

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