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Tempi duri per i bar nel Savonese, Fipe lancia l’allarme: “In un anno 50 chiusure”

caffè bar

Savona. L’espresso è destinato a costare di più. Tutta colpa della diminuzione dei bar nel savonese. Il rapporto causa-effetto è sottolineato dalla locale Federazione Italiana Pubblici Esercizi (FIPE-Confcommercio), partendo proprio da un dato che non deve lasciare indifferenti. Nel 2010, in provincia di Savona, il comparto dei bar, infatti, ha presentato un saldo negativo riguardante circa una cinquantina di unità. Trend che l’accomuna a realtà maggiori, se è vero che a livello nazionale la differenza tra imprese iscritte e cancellate è risultata pari a 3.331 unità, nel contesto del Nord Ovest di 1.067 e in Liguria di 189.

“Un turn-over consistente – come rileva la stessa FIPE riferendosi specificatamente al quadro nazionale – che smentisce i numerosi luoghi comuni sorti intorno al bar e che lo descrivono come un’impresa semplice e di facili guadagni. Se fosse così, non si capisce perché mediamente ogni anno circa il 10% delle imprese chiuda bottega”.

Ma tornando sul piano locale, l’analisi della natalità e della mortalità per forma giuridica indica che in provincia il tessuto imprenditorialmente più consistente, seppur dimostratosi l’altro anno anche più fragile, resta quello delle società di persone che perdono 42 aziende, dato fortemente negativo, cui si aggiunge quello riguardante le ditte individuali, che pur meglio hanno tenuto: qui, la flessione, sempre in valori assoluti, si pone sulle 5 unità. Insomma, a fine di marzo 2011, di bar in tutto il Savonese se ne contavano 1.222, e diverse decine appunto mancavano all’appello rispetto all’anno precedente.

“Con la liberalizzazione di un certo tipo di licenze non è che si abbassino i costi come si potrebbe pensare, anzi aumentando le licenze, in molti casi i titolari hanno meno ricavi e molti sono portati a chiudere – spiega il presidente provinciale di FIPE Confcommercio, Fabrizio Fasciolo – essendo minore la richiesta; poi, i costi delle materie prime tendono costantemente ad aumentare: processo che si riverbererà sui prezzi alla clientela”.

Fasciolo si lascia andare anche ad un esempio con tanto di ironica citazione cinematografica: “Se in una zona ci sono cinque bar e se ne vogliono aprire dieci, questi si faranno una guerra spietata, ma alla fine ‘ne resterà uno solo’, come Highlander e poi deciderà il prezzo in regime di monopolio”. Fuor di ironia, però, Fasciolo sottolinea la criticità del comparto, insidiato dai mutamenti del commercio in questi ultimi anni: “Secondo alcune analisi, circa il 30% dei potenziali clienti, consumano in attività dove non dovrebbe essere concessa la vendita e la somministrazione di bevande – afferma –; si determina in tal modo una riduzione della clientela: si dice portata dalla ormai famosa quanto presente crisi economica; in realtà, il commercio si muove in modo così dinamico ed offre possibilità diversificate che spesso creano queste situazioni”.

Concentrandosi, in particolare, su Savona, resta sempre d’attualità il tema legato all’attracco delle navi da crociera. La domanda retorica è sempre la stessa; come è possibile che una città dove sbarcano migliaia di turisti veda ridurre il numero dei suoi bar? “Personalmente, sono convinto che le crociere ci portano via la gente, anziché portarne di nuova – conclude Fasciolo -; se non mettiamo a sistema un’assistenza ai turisti, il crocerista al pubblico esercizio non porta niente, perché mangia e beve sulla nave; per quale motivo avrebbe bisogno di un bar o di un ristorante? Spesso poi si vedono turisti con le borse della spesa piene di bibite e birre mentre risalgono a bordo”.

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