Pasqua, tavole italiane invase da 400milioni di uova: tra decorazioni e piatti della tradizione

uova

400milioni di uova consumate durante la settimana Santa. E’ quanto stima la Coldiretti in occasione della Pasqua nel sottolineare che si tratta di un numero superiore di quasi dieci volte a quelle di cioccolata.

Sode per la colazione, dipinte a mano per decorare, oppure consumate in ricette tradizionali o in prodotti artigianali e industriali: la scorpacciata è assicurata. Preferite sono quelle garantite senza ogm e biologiche che fanno registrare un aumento record negli acquisti familiari del 7% nel 2010. Una tradizione, quella delle uova “naturali” che, sottolinea la Coldiretti, resiste nel tempo con piatti come “vovi e sparasi” in Veneto, torta pasqualina in Liguria, la pastiera in Campania e la scarcedda in Basilicata. Complessivamente si stima che, precisa la confederazione, gli italiani spenderanno quasi 100 milioni di euro nell’acquisto di uova di gallina da consumare direttamente o nella preparazione di primi piatti e dolci, con un risparmio notevole rispetto alla cifra spesa per quelle dolci di cioccolato.

Negli ultimi 30 anni, i consumi nazionali di uova sono aumentati raggiungendo la cifra record di 13 miliardi di pezzi all’anno che significa una media di circa 218 uova a testa, quasi interamente Made in Italy. Nel corso del 2010 una performance particolarmente positiva è stata ottenuta dalle uova di produzione biologica che hanno fatto registrare un +7% rispetto all’anno precedente e si sono classificate come il prodotto più importante tra i prodotti bio confezionati. Le uova di gallina, sottolinea la confederazione, hanno rinnovato la gamma delle tipologie offerte e il proprio styling con un sistema di etichettatura obbligatorio che consente di distinguere tra l’altro la provenienza e il metodo di allevamento con un codice che con il primo numero consente di risalire al tipo di allevamento (0 per biologico, 1 all’aperto, 2 a terra, 3 nelle gabbie). La seconda sigla indica lo Stato in cui è stato deposto (es. It), seguono le indicazioni relative al codice Istat del comune, alla sigla della provincia e, infine il codice distintivo dell’allevatore. A queste informazioni si aggiungono quelle relative alle differenti categorie (A e B a seconda che siano per il consumo umano o per quello industriale) per indicare il livello qualitativo e di freschezza e le diverse classificazioni in base al peso

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