Economia

Piattaforma di Vado, una clausola “paracadute” negli accordi con Maersk

Vado Ligure. Il futuro della piattaforma non è, sulla carta, indissolubilmente legato al gruppo Maersk. Se il colosso danese non manterrà il previsto volume di traffico, che in termini occupazionali corrisponde a 640 addetti sul terminal e un indotto sul retroporto e sulla logistica di almeno pari valore, restituirà l’infrastruttura allo Stato. Una sorta di “paracadute” per lo Stato, appunto, previsto dall’accordo di programma del 2009 e usato come argomento forte per convincere Roma sull’opportunità dell’investimento.

Di fatto Maersk conta di movimentare tra 720 mila e 860 mila Teu all’anno, che appunto corrispondono alla quota occupazionale minima per il mantenimento della concessione. Con l’ultimo finanziamento di 150 milioni (passato con l’approvazione dell’emendamento Latronico-Belsito) e il via libera sulla sicurezza dell’accosto petrolifero da parte dei vigili del fuoco, si chiude il quadro burocratico intorno al cantiere.

All’appello mancano ancora 25 milioni di euro, che l’Autorità Portuale potrebbe coprire in tre anni con la mutualità. Il conto è infatti presto fatto: il progetto, di importo complessivo pari a 450 milioni, è finanziato per 150 milioni di euro direttamente dalla società Maersk, 150 sono stati liberati dall’emendamento al Milleproroghe, 125 erano già stati stanziati dal governo Prodi.

Ad oggi il Tesoro non ha autorizzato l’utilizzo del gettito Iva generato dalla piattaforma (forma diversa dall’autonomia finanziaria dei porti richiesta da tutte le Autorità Portuali), ma l’Authority savonese conta nel prossimo futuro di perorare la causa sostenendo la bontà delle proprie tesi di fronte al Tesoro.

Nella prima fase dei lavori di costruzione, la piattaforma avrà una capacità da 400 mila container l’anno, per andare poi a regime nei due anni successivi, a lavori ultimati, arrivando a 800 mila (Maersk in realtà punta al milione). Il nuovo terminal è progettato per diventare l’unico esempio nel Nord Tirreno di una struttura portuale destinata a ricevere le grandi navi con portata oltre i 12.000 Teu.

La piattaforma container di oltre 210 mila metri quadri rimarrà al colosso danese per 15 anni e se il megagruppo, che in effetti è la prima compagnia al mondo per traffico marittimo merci, non dovesse mantenere i livelli di movimentazione concordati, lascerebbe l’infrastruttura allo Stato. Più precisamente, Maersk ha sottoscritto una clausola di impegno per la quale l’Autorità Portuale ha facoltà di cedere tutti i diritti derivanti dalla concessione ai soggetti finanziatori (le banche del project financing, ossia BNL Paribas, BIIS, Monte dei Paschi di Siena e Banca Popolare di Vicenza) qualora la stessa Maersk non raggiunga i volumi contrattualmente previsti. In questa ipotesi futuristica, la questione rimarrebbe comunque tra il gruppo danese e lo Stato italiano.

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