Polveri sottili e CO2, l’aria delle aule europee è inquinata: all’Italia la maglia nera

Aula scuola

Finora si era sempre parlato del problema dell’inquinamento nelle grandi città, soprattutto quelle più trafficate. Adesso però a lanciare un preoccupante allarme è l’Ue che avvisa: “l’aria delle scuole europee è inquinata, con una esposizione degli alunni alle polveri Pm10 e all’anidride carbonica CO2 superiore agli standard in molti istituti”. A primeggiare in questa negativa classifica purtroppo c’è, insieme alla Danimarca, l’Italia.

A rilevarlo è lo studio pilota Hese (Effetti dell’ambiente scolastico sulla salute), coordinato da Piersante Sestini dell’Università di Siena e condotto su un campione di scuole situate a Siena e Udine, Aarhus (Danimarca), Reims (Francia), Oslo (Norvegia) e Uppsala (Svezia), frequentate da più di 600 alunni con età media di 10 anni. A riferirlo è il Consiglio nazionale delle ricerche, che ha partecipato allo studio internazionale con il suo Istituto di fisiologia clinica (Ifc-Cnr).

I primi risultati, riportati in un articolo sull'”European Respiratory Journal”, indicano che, “in mancanza di una adeguata ventilazione, vi è una esposizione di Pm10 e CO2 superiore ai i limiti consigliati in due terzi delle aule, nelle quali i bambini soffrono di problemi respiratori con frequenza maggiore”. Alla pubblicazione ha preso parte, come primo autore, Marzia Simoni, collaboratrice dell’Unità di epidemiologia ambientale polmonare dell’Ifc-Cnr di Pisa.

Lo studio ha richiesto un attento monitoraggio da parte dei ricercatori. “Sono stati misurati all’interno e all’esterno delle scuole fattori ambientali quali temperatura, umidità relativa, polveri respirabili, anidride carbonica, biossido d’azoto, composti organici volatili, ozono, allergeni, muffe, focalizzandosi sulla concentrazione, nelle aule, di un inquinante (Pm10, polveri respirabili con diametro fino a 10 micron) e di un indicatore di scarsa qualità dell’aria da affollamento in ambienti poco ventilati (anidride carbonica)” spiega Giovanni Viegi, direttore dell’Istituto di biomedicina e immunologia molecolare (Ibim) del Cnr di Palermo.

“Inoltre – continua Viegi – sono state raccolte informazioni su sintomi e malattie respiratorie, in particolare la presenza, nell’ultimo anno, di sibili, tosse secca notturna e rinite e la pervietà nasale, cioè il grado di apertura delle narici. Un sottocampione di bambini è stato sottoposto ad alcuni test clinici tra cui spirometria, test allergologici cutanei, rinometria acustica, raccolta di secrezioni nasali, valutazione dell’irritazione degli occhi”.

“Per la concentrazione di Pm10, la soglia suggerita dall’Epa (Environmental Protection Agency) per esposizioni a lungo termine, 50 microgrammi per metro cubo, risulta superata nel 78% delle aule monitorate” afferma Simoni riferendo che “la maglia nera spetta alla Danimarca (circa 170 microgrammi/metro cubo), seguita dall’Italia (circa 150 microgrammi/metro cubo). In questi due Paesi le Pm10 risultano spesso superiori persino allo standard Epa per esposizione a breve termine (150 microgrammi/metro cubo)”.

“Per quanto riguarda la CO2 – prosegue la ricercatrice – il valore standard suggerito dall’Ashrae (American Society of Heating, Refrigerating and Air-Conditioning Engineers) per esposizione a lungo termine (mille ppm, parti per milione) viene superato nel 66% delle aule europee, con Italia, Francia e Danimarca prime a quasi 1.900 ppm”. E da Simoni arriva anche un’altra preoccupante valutazione constatata nel corso dello studio. “Le concentrazioni di Pm10 e CO2 risultano correlate, cioè all’aumentare di un inquinante corrisponde un aumento dell’altro”.

Per gli studiosi, quindi, il ruolo di un’adeguata ventilazione per mantenere una buona qualità dell’aria nelle aule risulta evidente. “Dove è installato un sistema di ventilazione meccanica, per esempio in tutte le aule svedesi e in parte delle norvegesi, la concentrazione di inquinanti risulta sempre sotto i livelli di guardia”, sottolinea Simoni. “Secondo l’Ashrae, il ricambio d’aria minimo nelle scuole dovrebbe essere di 8 litri al secondo per persona”. Ma non è così. “In circa il 70% delle aule questo valore non viene raggiunto: nel 100% in Francia, nel 94% in Italia e nell’86% in Danimarca”.

Insomma, aria viziata un po’ in tutti gli istituti del Vecchio continente. “Il ricambio – ammette Simoni – è insufficiente nel 97% delle aule con ventilazione naturale, cioè attraverso l’apertura delle finestre, rispetto al 13% di quelle con ventilazione meccanica”. Il tutto con ricadute sulla salute degli alunni. “Circa due bambini su tre esposti a livelli elevati, rispetto agli altri – riprende Viegi – riportano sibili e tosse secca notturna, con maggior prevalenza di circa 3,5 volte e rinite in frequenza doppia, anche considerando gli effetti dell’esposizione a fumo passivo a casa, oltre a una pervietà nasale significativamente minore. Per la prima volta – sottolinea il responsabile dell’Ibim-Cnr di Palermo – lo studio Hese ha permesso un corretto confronto della situazione ambientale nelle scuole europee, grazie anche alla standardizzazione delle misurazioni eseguita ad Uppsala, e sottolinea la necessità, da parte delle autorità di sanità pubblica, di promuovere la consapevolezza dell’impatto che la qualità dell’aria può avere sulla salute dei bambini”.

Per il ricercatore, quindi, “sarebbe auspicabile effettuare future ricerche in un campione più esteso e in altri Paesi dell’Unione europea” perché, conclude Viegi, “all’interno degli edifici anche basse concentrazioni di inquinanti possono avere effetti dannosi sulla salute se l’esposizione è prolungata e i bambini sono particolarmente vulnerabili, poiché respirano una quantità di aria superiore, in proporzione al peso, e i loro meccanismi di difesa sono ancora in fase di crescita”.

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