Liguria. Anche in Liguria artigiani sul piede di guerra a difesa del made in Italy. A scatenare le proteste di Confartigianato Liguria – che si associa alla protesta nazionale proclamata per il primo ottobre da parte di Confartigianato imprese attraverso una campagna stampa – è la mancata attuazione della legge n.55/2010, la Reguzzoni-Versace, che istituisce il marchio di riconoscimento dei prodotti tessili italiani.
La legge doveva entrare in vigore il primo ottobre 2010, ma ancora non sono stati emanati i decreti attuativi indispensabili perché la legge non rimanga lettera morta. A mettersi di traverso sul percorso della nuova legge – che negli intenti dei promotori ha l’obiettivo di rilanciare il sistema moda in tutte le sue componenti, dal tessile agli accessori – è l’Unione Europea che ha espresso parere negativo sulla norma perché ritenuta “in contrasto con le normative comunitarie”. La legge introduce l’etichettatura obbligatoria per la tracciabilità dei prodotti tessili, della calzatura e della pelletteria, detta nuove norme e regole circa le caratteristiche di qualità che i prodotti devono avere per il rispetto della salute di chi li utilizza, prevede pene e sanzioni per le aziende che producono false dichiarazioni circa la tracciabilità delle fasi di lavorazione. A settembre, in una riunione a palazzo Chigi, Lara Comi, giovane eurodeputata Pdl, e vicepresidente della Commissione mercato interno, ha alzato bandiera bianca e ha annunciato la sospensione della legge e dei decreti attuativi. La strada quindi sembra tracciata: la legge Versace-Regazzoni torna nel cassetto e si passa alla discussione di una legge più largamente condivisa dall’Unione.
Ma gli artigiani non ci stanno. “Riteniamo sia importante per la difesa della qualità dei prodotti italiani – spiega Giancarlo Grasso, presidente di Confartigianato Liguria -. Non solo: l’etichettatura, così come prevista dalla legge, è garanzia per il consumatore che attraverso di essa sa esattamente dove si sono svolte tutte le fasi della lavorazione. Una normativa che garantisce alle imprese condizioni per un commercio equo e trasparente nel rispetto del principio di reciprocità di accesso al mercato e soprattutto nell’interesse del consumatore finale”. La norma – che prende il nome dagli onorevoli Marco Reguzzoni (Lega Nord), Santo Versace (Pdl) e Massimo Calearo (Pd) deputati primi firmatari della proposta di legge iniziale – stabilisce che un prodotto, per ottenere l’etichetta made in Italy, debba avere in Italia almeno due lavorazioni su quattro. Prima dell’alt imposto dalla Ue, la proposta – che aveva visto la sottoscrizione di oltre 130 deputati di tutti gli schieramenti politici – aveva ottenuto alla Camera un quorum altissimo (546 voti a favore). Alla base dell’appoggio bipartisan, l’interesse del provvedimento che tocca 11 settori merceologici e coinvolge un 1 milione di lavoratori in tutta Italia.
Nell’albo delle imprese artigiane di Infocamere, in Liguria, sono iscritte 220 aziende (di cui 144 nella sola Genova, 27 a Savona, 26 a Imperia e 23 alla Spezia) che lavorano nel settore dell’abbigliamento. La sorpresa sta nel numero dei sarti e degli stilisti: 326 in tutta la regione, di cui 194 nel capoluogo, 52 a Imperia, 46 a Savona e 34 alla Spezia. Le industrie tessili liguri (dati Infocamere sul secondo semestre del 2010) sono 137 e registrano la nascita di due nuove realtà e una sola cessazione. Le imprese attive nel settore della confezione di articoli di abbigliamento sono 517 (12 nuove aperture e 9 chiusure). Le aziende sono in prevalenza piccoli laboratori di tradizione familiare. Capitale del tessile ligure è Genova con 86 industrie tessili e 325 aziende che operano nella confezione di articoli di abbigliamento.