Cronaca

Tentato omicidio Zimbato, tre patteggiamenti: all’aggressore 3 anni e 4 mesi

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Savona. Si è chiusa con tre patteggiamenti, questa mattina, davanti al giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Savona Donatella Aschero, la vicenda della sparatoria, avvenuta a Loano nel novembre scorso, che coinvolgeva tre toiranesi: Carlo Zimbato, 46 anni, la vittima, Andrea Mattarozzi, 27 anni pregiudicato, l’aggressore e un altro giovane, Rosario Colli, 27enne, incensurato.

Mattarozzi ha patteggiato tre anni e 4 mesi (concesse le attenuanti generiche) per tentato omicidio aggravato e lesioni personali aggravate, Colli due anni e un mese per concorso in tentato omicidio aggravato, mentre Zimbato nove mesi (pena sospesa) per simulazione di reato e favoreggiamento personale (aveva infatti cercato di “sviare” le indagini).

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti a Mattarozzi non andava giù che Zimbato avesse una relazione con sua sorella e per questo, la sera del 4 novembre scorso, accompagnato da Colli, l’avrebbe incontrato per intimargli di lasciarla perdere. La discussione sarebbe poi degenerata al punto tale che Mattarozzi, con una pistola calibro 22 (Adelr Italy modello Jager Fronter) detenuta illegalmente, ha sparato in volto al 46enne.

Solo per un colpo di fortuna (il proiettile ha colpito la protesi dentaria e si è frantumato in piccoli pezzi che non hanno lesionato organi vitali) Zimbato non è stato ferito mortalmente. La vittima fin dal principio ha cercato di nascondere ai carabinieri cosa fosse realmente successo quella sera tanto che prima raccontò di essersi ferito con un petardo e solo in un secondo momento di essere stato colpito da un colpo di arma da fuoco. La vittima però continuò a mentire dicendo che la lite era stata causata da questioni di “circolazione stradale”.

Una versione che non aveva mai convinto gli inquirenti che, indagando a fondo nella vita del 46enne, erano risaliti a Mattarozzi. Colli, sospettato dai militari di essere il complice del 27enne, si era costituito verso la fine di novembre. Grazie alla confessione di Mattarozzi era anche poi stata ritrovata l’arma del “quasi” delitto che era stata nascosta in un lavatoio vicino a Toirano.

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