Cronaca

La delusione dei “fedelissimi” di don Luciano su Facebook

Don Luciano Massaferro

L’unica giustizia vera è Dio. Ne è convinta Elena che, da Facebook, insieme agli altri componenti del gruppo “Don Luciano libero”, grida la sua rabbia nei confronti di una giustizia terrena che, ieri, ha chiuso nuovamente le porte – del carcere – in faccia al sacerdote alassino accusato di pedofilia.

“Don Lu” – come lo chiamano i suoi “fedelissimi” – attenderà in prigione l’esito del processo che lo vede imputato per presunti abusi sessuali su una ragazzina di 12 anni. Da sette mesi quella è la sua “casa” e le pagine di internet la sua particolare “parrocchia”, con amici e sostenitori pronti ad inviargli messaggi d’affetto e di incoraggiamento. Soprattutto adesso, a poche ore dall’ennesima delusione e dal respingimento dell’istanza di scarcerazione presentata dai suoi legali. Un “no” che, su Facebook, scatena una sorta di rivolta popolare.

Un accanimento ostinato, una congiura dei giudici decisi a “tenere dentro” il più possibile il sacerdote “per cercare ancora chissà quali prove”, e questo nonostante un quadro accusatorio che, secondo i sostenitori di don Luciano, scricchiola sempre più: sono queste le frasi più utilizzate su Fb per commentare l’ultimo capitolo del processo più discusso degli ultimi mesi. Carla, ad esempio, se la prende con la stampa e con gli “scettici” e avverte: “Dico a voi che entrate e uscite dal gruppo pensando altrimenti di non poter leggere i post; dico a voi che siete curiosi di sapere, che vi domandate ‘Chissà adesso cosa diranno?’, ‘Chissà se proseguiranno nella loro battaglia, se continueranno a sostenere il loro amato parroco?’; E dico anche a voi a voi che domani farete stampare locandine a caratteri cubitali e scriverete articoli urlati o irti di doppi sensi e opinioni malcelate…a tutti voi dico ‘Siamo qua!’. Non ci fermerà l’ennesimo, folle, incredibile, inspiegabile, dinniego alla scarcerazione”.

E c’è anche chi si rivolge direttamente al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, chiedendogli di interessarsi del caso di “don Lu”, chi parla di “presunzione d’innocenza calpestata” e chi crede che prima o poi il calvario del proprio parroco terminerà per “mancanza di prove”, anche se nessuno potrà mai risarcirlo per quello che qui definiscono un “errore giudiziario”.

Nessuna decisione dei giudici scalfisce dunque la devozione che parrocchiani e amici hanno verso don Luciano. Per loro, il sacerdote è “senza macchia” e vittima di un accanimento inspiegabile. Per i giudici, invece, è un “sospettato” che, se uscisse dal carcere, potrebbe inquinare le prove nel tentativo di salvarsi.

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