Savona. Nuova udienza, questa mattina, del processo per l’omicidio di Alberto Genta, il faccendiere di Altare scomparso tra il 7 e l’8 maggio del 2003, e che vede imputato l’ex imprenditore cairese Giancarlo D’Angelo (ora in carcere per una vicenda di bancarotta fraudolenta), al secondo piano del Palazzo di Giustizia Savonese. In aula hanno sfilato alcuni testimoni chiamati dalla difesa tra cui la sorella di Genta, Ivana.
Le domande che il pubblico ministero Alberto Landolfi e i legali di D’Angelo, gli avvocati Attilio Bonifacino e Carlo Risso, hanno rivolto ai testimoni ruotavano, nella maggior parte dei casi, intorno al giorno in cui D’Angelo si recò a Cairo in un magazzino (Bussi Mobili) per recuperare dei pannelli antirumore da portare in locale notturno ad Acqui, il “Queen Power”, che non era risultato a norma dopo un’ispezione.
In quell’occasione sarebbe stata registrata la “famosa” telefonata in cui D’Angelo ansimava e respirava in maniera affannosa. Un particolare che, secondo l’accusa, potrebbe essere la conseguenza della discussione, culminata nell’omicidio, tra D’Angelo e Genta che era andato con l’imprenditore per aiutarlo nel lavoro. Di diverso parere la difesa che invece in aula ha sostenuto che l’imputato “ansimava” a causa dello sforzo per lo spostamento dei pannelli.
Sempre durante l’udienza di questa mattina è stato confermato che i risultati sul nuovo campione di DNA, prelevato lo scorso 10 maggio, dai resti dell’uomo seppellito come “ignoto” nel cimitero di Altare, non saranno pronti prima di settembre. La sorella di Genta ha comunque ribadito di essere certa che quei resti siano del fratello. Una volta terminata l’audizione dei testimoni la Corte d’Assise ha rinviato il processo al prossimo 29 giugno.