Savona. Un altro capitolo del processo per l’omicidio di Alberto Genta, il faccendiere di Altare scomparso tra il 7 e l’8 maggio del 2003, e che vede imputato l’ex imprenditore cairese Giancarlo D’Angelo, si è celebrato, questa mattina, in Corte d’Assise a Savona. Nell’Aula Magna del Tribunale savonese hanno sfilato alcuni testimoni chiamati dall’accusa.
Il pubblico ministero Alberto Landolfi, nello specifico, aveva chiesto di sentire Roberto D’Angelo, fratello di Giancarlo, Ivonne Ferrando, compagna dell’imputato, Fabrizio Fieno e Ivano Sicco, oltre a Michele Ricotta e Antonio Malamaci che però non erano presenti questa mattina in aula.
Inizialmente sono stati ascoltati Fieno e Sicco. Il primo ha spiegato di conoscere D’Angelo ma di non aver mai conosciuto Genta. Il testimone ha poi raccontato che era a conoscenza del fatto che tra lo “Spagnolo” e l’imputato esistesse un rapporto di debito/credito. Infine l’uomo ha riferito che, nel periodo immediatamente successivo alla scomparsa di Genta, Ivonne Ferrando gli consegnò un memoriale dicendogli che si sentiva in pericolo.
Memoriale nel quale, secondo quanto riferito, si parlava anche dell’omicidio Genta, motivo che ha spinto Fieno, che ha precisato di non aver letto in maniera approfondita il documento, a portarlo in Procura. Sicco è stato invece chiamato a testimoniare perché Fieno, che lui tra l’altro conosceva appena, gli avrebbe rivelato dell’esistenza del memoriale della compagna di D’Angelo.
Sicco ha spiegato che, essendo venuto a conoscenza, tramite il racconto di Fieno, di questioni che potevano essere collegate con l’omicidio dello “Spagnolo” si recò a rendere delle dichiarazioni spontanee all’Autorità Giudiziaria. Al fratello di D’Angelo il pm Landolfi ha invece chiesto spiegazioni a proposito di alcune telefonate che proprio l’accusa, nel corso dell’ultima udienza, aveva chiesto che venissero messe agli atti.
Conversazioni che sono il frutto delle intercettazioni che riguardano l’imputato, eseguite dai giorni successivi alla scomparsa dello “Spagnolo” fino al maggio 2005 su ordine della Procura di Acqui Terme, che indagava per un furto di corrente elettrica. In particolare il pubblico ministero si è soffermato su due colloqui telefonici tra i fratelli D’Angelo, uno dell’8 e uno del 12 maggio 2003.
Nel primo Giancarlo chiama Roberto, che lavorava con Genta, per avvisarlo del fatto che lo “Spagnolo” era dovuto andare in Svizzera per un affare legato a dei Rolex e che quindi quel giorno non l’avrebbe visto. Nel secondo è invece Roberto, che da giorni cercava Genta, a chiamare Giancarlo per chiedergli notizie: “L’ho visto questa mattina a Spigno, non lo trovi al telefono perché ha cambiato la scheda sim” è stata la risposta data al telefono al fratello dall’imputato.
Nel corso della testimonianza davanti alla Corte Roberto D’Angelo ha anche raccontato di un giorno (il testimone non ricordava con precisione la data), comunque successivo alla scomparsa di Genta, in cui avrebbe visto l’auto del faccendiere di Altare ferma in sosta in via Paleocapa a Savona con a bordo una donna.
L’altra teste, Ivonne Ferrando, convivente di D’Angelo, ha invece preferito non rispondere alle domande del pm. Il processo è stato quindi rinviato al prossimo 15 giugno quando in aula sfileranno invece i testimoni chiamati dalla difesa dell’ex imprenditore cairese, gli avvocati Attilio Bonifacino e Carlo Risso. La Corte d’Assise, su richiesta dell’accusa, ha anche fissato la data dell’udienza successiva che si terrà il 13 luglio. Il collegio giudicante ha anche precisato che i risultati sul nuovo campione di DNA, prelevato lo scorso 10 maggio, dai resti dell’uomo seppellito come “ignoto” nel cimitero di Altare, non saranno pronti prima di settembre.
Prima di quel momento quindi, quando cioè si saprà con certezza se il cadavere rinvenuto nel luglio del 2003 nella zona dei cantieri navali di Alassio sia o meno dello “Spagnolo”, non si arriverà certamente alla discussione del processo e, di conseguenza, alla sentenza.