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Coldiretti, preoccupazione per l’abolizione degli standard di qualità

Protesta Coldiretti, dicembre 2008

[thumb:10033:l]Savona. La Coldiretti savonese esprime preoccupazione per l’entrata in vigore (attuata proprio oggi) dell’abolizione degli standard minimi di qualità per la frutta e verdura, secondo quanto previsto da un regolamento europeo. “Vengono in pratica soppresse – spiega la Coldiretti – le regole sulla dimensione, il peso e la qualità di origine di alimenti come carciofi, melanzane, cavolfiori, cipolle, asparagi, piselli, ma anche nocciole in guscio, albicocche, meloni, prugne e cocomeri che vengono assoggettati ad una generica definizione di merce sana, leale e mercantile, mentre nulla cambia per dieci prodotti ortofrutticoli, ritenuti rappresentativi per il mercato, quali mele, agrumi, pere, kiwi, insalate in genere, pesche e nettarine, fragole, peperoni, uva da tavola e pomodori”.

“Il venir meno dell’ obbligo di garantire l’omogeneità del prodotto offerto in vendita – sottolinea l’associazione di categoria – rischia di favorire la vendita di ‘scarti’ a più alto prezzo e impedisce di fare scelte di acquisto trasparenti attraverso il confronto di frutta e verdura con le stesse caratteristiche. Attenzione anche alle confezioni che mettono in evidenza la frutta e verdura migliori per nascondere quelle di scarto”.

“Il sistema comunitario fino ad ora in vigore disciplinava la classificazione dell’ortofrutta in categorie e calibri per garantire l’omogeneità dei prodotti presenti in un imballaggio, con le relative tolleranze, l’obbligo o la facoltà di riportare in etichetta la varietà o la tipologia. Il fatto – sostiene la Coldiretti – che alcuni dettagli siano eccessivi e quindi da semplificare, nulla toglie alla necessità di avere un linguaggio commerciale univoco che consenta di identificare il prodotto senza inganni”.

“Nei mesi precedenti l’entrata in vigore della nuova norma – conclude l’organizzazione degli agricoltori -, le importazioni di frutta straniera in Italia sono aumentate del 22%, con il rischio concreto che venga spacciato come ‘Made in Italy’ un prodotto di scarto importato da migliaia di chilometri di distanza: questo perché molto spesso sugli scaffali mancano le etichette ed i cartellini con l’indicazione di provenienza”.

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