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Internet: l’alta velocità tarda ad arrivare

E’ un po’ come la iattura del treno: quando arriva in ritardo, la coincidenza parte in perfetto orario. In questo momento che il settore mondiale delle telecomunicazioni dà un colpo di reni per fare un balzo in avanti, l’Italia entra in stanca e perde il ritmo della crescita globale. La solita storia del più che tira il meno, tanto cara al Bel Paese: dopo il boom, lo sgonfiamento. Tipica solfa di una nazione golosa di novità, ma allergica alla ricerca applicata allo sviluppo. Il mercato del mobile va giù, quello del fisso è quasi a saturazione. Cresce il traffico dati, sì, ma per cavalcare il trend ci vuole la velocità di trasmissione.

Ecco il punto. Lo sviluppo delle telecomunicazioni necessita di una rete strutturalmente adeguata. Se l’Italia non si sbriga a realizzare una rete di nuova generazione per diffondere la banda larga (quando comunque già si parla di “larghissima”), l’eventualità di un ritardo provocherebbe rischi non solo nell’industria e nell’indotto dei servizi, ma anche sul terreno di un possibile “digital divide” di seconda generazione. Tradotto: un settore che rappresenta oltre il 4% del Pil nazionale e il cui fatturato è di circa 45 miliardi di euro comincerebbe la sua marcia indietro.

Il fatto curioso è che c’è una discrasia: da una parte gli utenti, sempe più capaci di sruttare le possibilità messe loro a disposizione dalla rete, e dall’altra il ritardo strutturale, sempre più incolmabile. Sarà anche ossessionante dover fare paragoni con il resto dell’Europa, ma non non può non far riflettere che alla fine del primo semestre di quest’anno la penetrazione della larga banda in Italia raggiungeva appena il 18,5% della popolazione, quando negli altri Stati europei la media è al 24%, con punte di oltre il 30% nei Paesi del Nord.

E’ paradossale: 11,8 milioni di italiani sono ansiosi di approfittare di Internet ad alta velocità e 5,5 milioni di loro sono già capaci di gestire informazioni provenienti da più media (dati dell’Osservatorio Multicanalità), ma la tecnologia nazionale non viene loro incontro. La preoccupazione non è solo sulla qualità della rete Adls, ma anche sui “buchi” di copertura in aree ad alta densità abitativa. Il problema è appunto quello della possibile creazione di un nuovo divario tecnologico, quello tra chi riceverà i servizi di connessione di seconda generazione (attualmente offerti in Italia attraverso l’Adsl2+) e chi invece resterà fuori da questi servizi.

Ciò che è successo nel passaggio tra la connessione dial up e la banda larga, con un divario trasmissivo passato da 5 a 160 volte, si riproporrà in scala maggiore – e in un futuro non lontano – per la fibra ottica, con il divario tra chi potrà fruire di velocità sui 50 Megabit e gli altri. Lumache sempre meno lumache ma surclassate da corridori sempre più corridori.

Il comportamento dei giovani e anche di molti professionisti è ormai improntato alla multimedialità: i canali di comunicazione si fondono e si mischiano. L’uso di radio e tv si integra con quello dei nuovi media, tra cui figurano la pay-tv, Internet, il pc, il videofonino, l’I-Pod. Professionisti e imprese (anche piccole) hanno bisogno di alta velocità per la trasmissione e la ricezione di dati. E’ un’urgenza da soddisfare, se vogliono mantenersi al passo. Da qui la necessità di una rete di trasmissione strutturalmente adeguata alle funzioni richieste. E secondo le stime degli analisti nel 2011 occorrerà attestarsi sui 50 Megabit.

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