Passaggio al tasso interbancario Bce

Volendo intraprendere un percorso relativo all’approfondimento di argomenti di interesse generale legati al mondo del credito, ritengo attuale iniziare dal recente invito rivolto alle Banche Italiane sia dal Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, nonché del membro della Commissione esecutiva della Banca Centrale Europea, Lorenzo Bini Smaghi, e relativo alla applicazione del tasso interbancario Bce in sostituzione di quello attuale.

Si discute molto oggi sulla reale efficacia di questo possibile fenomeno, e soprattutto sulla sua effettiva portata: mentre da un lato, la Banca Popolare di Milano ha inserito da lunedì scorso nel proprio catalogo prodotti l’Euromutuo, seguita in questi giorni da altre banche minori, altri, soprattutto a livello teorico, ritengono che l’impatto sia solo apparente ed eluso dalla attuale tendenza delle Banche stesse ad aumentare gli spread.

Volendo offrire degli spunti di riflessione, ritengo importante analizzare dei dati oggettivi: se, infatti prendiamo in considerazione il periodo 2000/2008, sufficientemente lungo per fare delle valutazioni e caratterizzato, tra l’altro dall’impatto sull’economia del passaggio lira/euro, e assumiamo statisticamente i dati storici dei due indici, rileviamo un andamento sostanzialmente uniforme, pur riscontrando un valore del tasso Bce minore, e soprattutto più stabile; mentre infatti sino al luglio del 2007 il tasso Bce risulta inferiore all’Euribor di un valore medio di 0,20 punti percentuali, con decorrenza agosto 2007 i valori tra i due tassi esprimono un netta vittoria a favore del Tasso Bce, con una varianza media di 0.85 punti percentuali.

In termini pratici, considerando un mutuo di 130.000,00 euro a 30 anni a tasso variabile, contratto nel 2001, mentre sino al luglio 2007 si sarebbe pagata una rata di poche decine di euro inferiore, dall’Agosto 2007, la differenza sarebbe stata di gran lunga più elevata, soprattutto negli ultimi mesi, contraddistinti come noto, da una notevole turbolenza dei mercati finanziari, indipendentemente dallo spread applicato.

Tale effetto sarebbe stato inoltre enfatizzato qualora il contraente quel mutuo, avesse utilizzato la possibilità della rinegoziazione ex “Decreto Bersani”, o intrapreso la strada del riallineamento dei tassi per effetto della “Proposta Tremonti”. Dalla analisi dei dati raccolti, si potrebbe quindi ritenere che, pur mantenendo la caratteristica della variabilità, il Tasso Bce risenta sicuramente del positivo effetto finanziario armonico e congiunturale del mercato europeo e dei paesi membri, e possa, in qualche modo, attenuare quella “volatilità” dei tassi variabili interbancari, che negli ultimi mesi hanno sicuramente destato la preoccupazione di molti.

Lorenzo Ossum
ossum@ivg.it

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