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Rimborsi fiscali a tempo di lumaca

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[image:441:r:s=1]Mentre l’orgoglio olimpico nazionale vive il suo momento di rinnovato vigore celebrativo, il sistema Italia vince una medaglia del tutto particolare: quella per la lentezza dei rimborsi fiscali. E’ il primato assegnato dalla classifica stilata da Contribuenti.it, l’associazione contribuenti italiani, secondo cui il tempo medio di attesa per un piccolo rimborso Irpef in Italia è di 13,2 anni. Per i più consistenti bisogna aspettare anche 26 anni.

Mentre il comune cittadino è strozzato dalle scadenze e costretto a metter mano al portafoglio per evitare more, sanzioni, pignoramenti o peggio, perché l’elefantiaco apparato del fisco non tollera ragioni, l’amministrazione finanziaria non ha ancora emanato il regolamento per l’estinzione dell’obbligazione tributaria mediante compensazione dei crediti tributari, previsto dell’art. 8 dello Statuto del Contribuente, in dispregio della Costituzione.

Due pesi e due misure, in un rapporto sempre più distante e verticale fra contribuenti e Stato. Al decantato “fisco amico” non piace scucire quattrini. Neanche se sono dovuti. In un Paese afflitto dall’evasione fiscale, in questo caso a rimetterci sono i cittadini onesti, che continuano ad essere vessati dal fisco dieci volte più di inglesi o tedeschi, mentre i rimborsi fiscali Irpef hanno superato la cifra di 25,3 miliardi di euro.

Nella classifica dei rimborsi con tempi da lumaca, agli italiani seguono in ordine turchi (4 anni), greci (3,1 anni), spagnoli (2,2 anni), francesi (1,7 anni), inglesi (1,3 anni), tedeschi (1 anno), austriaci (0,4 anni), americani (0,2 anni) e giapponesi (0,1 anni). “Vogliamo un’armonizzazione del fisco a livello europeo in modo che, quanto prima, i rimborsi fiscali possano essere erogati in tutta Europa con gli stessi tempi e modalità e il rispetto dei diritti dei contribuenti da parte degli enti impositori per non incentivare l’evasione fiscale” ha affermato Vittorio Carlomagno, presidente di Contribuenti.it.

Pare che la lentezza di un rimborso non dipenda dall’Agenzia delle Entrate, né dallo staff preposto, né dall’ufficio del garante, ma piuttosto da Roma che non manda i soldi. Che cosa deve fare allora l’avente diritto? Aspettare e sospirare. Oppure rivolgersi al Tribunale di Strasburgo.

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