[image:8594:r:s=1]Un burbero benefico, tra acciacchi, guizzi e melanconie. E’ Mario Scaccia, per dirla con Goldoni (un autore, del resto, di cui il venerando attore romano ha sempre amato interpretare le commedie). Come è accaduto l’anno scorso con “Un curioso accidente”, al Gassman di Borgio, con una prova vernacolare di memoria da far impallidire i linguisti. Vertiginosa.
Perché Scaccia si identifica con il teatro e la sua presenza sul palcoscenico cattura, provocando stupore. Un novantenne senza età che si mangia qualche sillaba, come quasi sempre è stato nella sua carriera, e che fa del suo stile l’emblema di un’esperienza attoriale ormai entrata, a buon diritto, nella storia: quella inossidabile. L’unico tratto che fa trasparire gli anni è il suo passo camaleontico, un po’ incerto, che lo rende ancora più ammirevole, al limite del tenero.
Chi ha assistito a “La dodicesima notte”, ennesima prima nazionale del Festival di Verezzi, ha visto Scaccia interpretare un caricaturale (primo atto) e scornato (secondo atto) Malvolio, vero protagonista del testo shakespeariano. Un personaggio desideroso d’amore ma che poi, turlupinato, finisce nel limbo sottile che separa la logica dalla demenza. Una riflessione sul tema della follia ben resa dall’allestimento curato da Beppe Arena.
Commedia dei travestimenti – che ha ispirato, per inciso, il fortunato film “Shakespeare in love” – in piazza San’Agostino è stata lungamente giocata sulla parte burlesca (irresistibile Marco Messeri spalleggiato dall’ottimo Mario Patanè). Interpretazione ineccepibile di Lello Lombardi nel ruolo del Duca Orsino. Edoardo Sala professionale nel personaggio del pazzo giocoliere Feste. Debora Caprioglio (contessa Olivia) ha recitato. Antonella Piccolo (Viola-Cesario) ha fatto la sua parte, malleabile e reattiva, vestita da paggio. La traduzione del granitico Masolino D’Amico a tratti strizzava l’occhio ai giovanilisti. Una pedana circolare con un telaio romboidale, da concavo a convesso ad alterna rotazione, scandiva i cambi di scena.
Scaccia, il decano degli attori italiani, ancora una volta si è rivelato in tutta la sua mirabolante capacità. Quando i suoi occhi si spalancano e brillano di ironia, non sai se ridere o inquietarti. Il grande vecchio del teatro che invecchia non perde colpi. In un classico del palcoscenico sull’immutabile e sempre attuale gioco dei sentimenti e delle passioni amorose, Scaccia è un ostinato mattatore, capace di illuminare la commedia di Shakespeare con il giusto tocco tragico, capace di ricordare (tra le scenette gustose prolungate) che il testo tratta di una beffa del destino.
Esilarante quando si fa burbero e si indispettisce, quasi compiacendosi di uno spirito goldoniano, il Malvolio interpetato da Scaccia comprende che il suo sogno erotico si può realizzare annientando la fede nei valori di una società ormai in disfacimento: da maggiordomo ossequioso, spinto dal desiderio, arriva a concepire l’annullamento dei livelli sociali. E’ qui la sua epocale “pazzia”. Alla fine, mentre gli altri continuano a dedicarsi al beffardo gioco delle illusioni, il Malvolio di Scaccia si rivela come autentico protagonista della riflessione shakespeariana sulla crudeltà dell’amore.