Egr. direttore,
abito ad Albisola e amo il mare. Sono anche un pescatore dilettante, anzi sono un dirigente della locale Associazione Pescatori Dilettanti. Quando vado a pescare, le prede che pesco le scelgo, le piccole le libero, quelle più grandi le conservo e le consumo magari invitando a cena qualche amico. Insomma, mi piace pescare (e mi piace il pesce in tavola), nel rispetto delle norme e dell’ambiente, anche con restrizioni autoimposte (ad esempio non pesco per circa 4 mesi all’anno, una sorta di fermo biologico personale).
Non riesco a capire ed accettare il fatto che, in un lungo periodo dell’anno, venga permessa la pesca del novellame, quello che qui in Liguria vengono chiamati “bianchetti”, ossia larve di pesce azzurro che poi vengono vendute a prezzi esorbitanti.
Non nego che questo tipo di prodotto sia prelibato per la cucina, ma, nel momento in cui si assiste ad un continuo impoverimento delle risorse marine, interrompere la catena alimentare marina proprio negli anelli iniziali mi sembra un delitto.
Ho posto questa domanda al sito dell’Unione Europea e mi è stato risposto che ogni nazione ha una certa autonomia nel rilasciare licenze per la pesca di questo prodotto.
Qui in Liguria annualmente viene permessa questa pesca molto invasiva nel mese di febbraio e viene quasi sempre prorogata sino alla fine di aprile.Da qualche giorno si vedono già le pescherie esporre bianchetti provenienti da chi sa dove.
Nel periodo di pesca barche di pescatori professionisti continuano per tutto il giorno a gettare le reti, a maglie finissime, quasi sulla battigia per catturare il novellame. Come ben potrà immaginare questa pesca, oltre al novellame di pesce azzurro, danneggia tutto il ripopolamento del mare. L’habitat non viene molto danneggiato perchè i fondali interessati sono prevalentemente di sabbia, ma il danno maggiore è la cattura di larve che domani saranno pesce o, nella peggiore delle ipotesi, saranno preda per altri pesci. Infatti la pesca normale è sempre più scarsa perchè la catena alimentare viene compromessa dall’inizio.
Commercialmente il prodotto di questa primitiva pesca è venduto a prezzi esorbitanti (40 – 60 euro al chilo), adatto quindi ad una fascia di consumatori benestanti. Inoltre si trovano in commercio altri tipi di questi prodotti dei quali non so dire neppure la provenineza ma sono sempre simili.
Tre anni fa sono stato in Venezuela in vacanza, lì ho scoperto che la pesca delle aragoste viene proibita rigorosamente per sei mesi all’anno. Ho assistito personalmente a durissimi controlli dei militari sul venduto con tanto di calibro e bilancino. Il Venezuela è considerato “terzo mondo”…. noi che commercializziamo il novellame di pesce come dovremmo considerarci?
Sono moltissime le persone che la pensano come me. In molti, da tempo, ci rifiutiamo di acquistare il novellame (sacrificio abbastanza semplice da affrontare, visti i prezzi) e addirittira quando a volte al ristorante viene offerta, come antipasto, una frittella di bianchetti (specialità locale prelibata) la rifiutiamo per principio.
La prego, nel conteso delle problematiche ambientali, del continuo impoverimento delle risorse naturali, potete affrontare l’argomento?
Cordiali saluti ed un ringraziamento per l’attenzione prestata.
Flavio Beltrami