Elezioni 4 marzo

Perché i giovani non andranno a votare?

Secondo i sondaggi l’astensione tra gli under 24 si attesterà tra il 40 e il 50%, quali le motivazioni di questi numeri preoccupanti?

Perché i giovani non andranno a votare?

Come riportato dall’articolo di Luigi Lanza di qualche settimana fa (clicca qui), il partito preferito dai giovani tra i 18 e i 24 anni sembra quello dell’astensione. Ma perché quasi un ragazzo su due deciderà di non andare a votare? Che cosa lo spinge a rinunciare ad esercitare uno dei diritti più importanti? Perché declina ad altri la responsabilità di scegliere chi dovrà rappresentarlo e chi prenderà le decisioni per il suo futuro?

Sono domande a cui è difficile trovare una risposta e bisognerebbe tenere in considerazioni tutte le variabili che condizionano questa scelta, studiando caso per caso tutti i giovani italiani. Si può provare comunque a ipotizzare delle risposte a questi quesiti di complessa lettura, ricordando che il problema dell’astensione riguarda tutte le fasce d’età, e non solo quella giovanile.

Secondo me, una delle motivazioni principali è da trovare nella campagna elettorale svolta dai partiti candidati alle prossime elezioni; quello che sembra emergere dai telegiornali, dai programmi radiofonici/televisivi dedicati alla politica e dalla stampa è che gli aspiranti premier e gli aspiranti senatori o deputati dei diversi schieramenti cerchino solamente di gettare fango sugli avversari.

Mi spiego meglio: invece di esporre le proprie idee, i propri programmi politici e quali potrebbero essere le soluzioni per migliorare il Paese, affermano di essere le persone più adatte a governare il nostro Paese evidenziando gli errori e le false promesse degli altri partiti, spesso riferendosi in maniera maleducata e offensiva nei confronti degli avversari. Aspettano ogni giorno il nuovo scandalo che coinvolga uno dei partiti rivali (che purtroppo in Italia esce ogni due-tre giorni), per attaccare il componente di questo piuttosto che dell’altro schieramento per dimostrare che loro sono i migliori e perciò vanno votati. I candidati non fanno altro che indicare qual è il loro rivale principale, ostentando comunque una certa sicurezza nell’affermare che saranno proprio loro i vincitori delle elezioni.

Penso che i giovani di oggi non si riconoscano in queste persone. Il pensiero principale di questi politici è rivolto alla conquista delle elezioni: consenso della massa che si deve ottenere in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo a disposizione, spesso anche con l’utilizzo di notizie false o informazioni completamente errate. La campagna elettorale di ogni partito è concentrata nell’accaparrarsi il maggior numero di voti per non fare governare l’Italia dagli “altri”; però i problemi degli italiani sono altri e purtroppo sono anche molti.

Grazie a recenti esami universitari che ho affrontato, ho potuto capire meglio la situazione economica, lavorativa e demografica dell’Italia. I dati analizzati in questi ambiti non sono per nulla positivi e hanno evidenziato diversi problemi: l’Italia è un paese con prevalenza di persone anziane, una progressiva e inesorabile diminuzione di giovani (propensi a emigrare all’estero), un alto tasso di disoccupazione sopra la media europea (in particolari nei giovani, nelle donne e nel sud), lavori che sono sempre più atipici e non garantiscono tutele ai lavoratori, un PIl sempre in calo, una crescente disuguaglianza nella distribuzione del reddito a favore dei più agiati (cioè i più anziani, mentre i giovani hanno una minor disponibilità economica), dati preoccupanti sulla povertà (soprattutto per le famiglie con figli), un costante aumento dei giovani che non studiano e non lavorano (definiti NEET) aggravando il fenomeno dei cosiddetti “bamboccioni” (ragazzi che rimangono a vivere con i genitori oltre i trent’anni di età) e potrei continuare ancora e ancora.

Ciò che mi preoccupa maggiormente però è la tendenza dei governi succedutosi negli ultimi trent’anni di non affrontare queste questioni, anzi esercitando spesso politiche che andavano e vanno a sfavorire quei settori dove invece c’era e c’è un gran bisogno di risorse economiche: i giovani, le famiglie, la ricerca e l’istruzione, la sanità, il lavoro, l’innovazione tecnologica, la conciliazione del lavoro e dell’attività di cura dei figli o degli anziani, e in generale le persone maggiormente esposte a rischio sociale. Tutto ciò è consultabile sul sito dell’ISTAT e sul sito Neodemos.

In Italia i problemi ci sono e sono visibili, anche su altre tematiche (ambiente e criminalità organizzata, solo per citarne due). Anche se, consultando sulla rete i diversi programmi elettorali, le diverse criticità del nostro Paese vengono tratte, in televisione i politici sembrano preferire parlare e discutere d’altro. Un post di qualche settimana fa del noto giornalista Enrico Mentana (visibile sul suo profilo facebook) riassume la situazione, riuscendo forse a spiegare la sfiducia dei giovani verso la politica e l’alto tasso di astensione nella fascia d’età 18-24 anni: “Ormai una cosa è chiara: che della disoccupazione giovanile si parla nella prossima campagna elettorale, non in questa”.

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