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“Il gabbiano” di Cechov al Teatro Chiabrera

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"Il gabbiano" Anton Cechov

“Il gabbiano” di Cechov è uno dei testi teatrali più noti di sempre: i personaggi della giovane Nina, del tormentato Konstantin, di sua madre Irina Arkadina, celebre attrice e del suo amante, lo scrittore Trigorin, sono stati portati sui palcoscenici di tutto il mondo dai maggiori attori di teatro e messi in scena dai più celebri registi. Il titolo dell’opera viene da un accostamento simbolico: come l’ignara felicità di un gabbiano, in volo sulle acque di un lago, viene stroncata dall’oziosa indifferenza di un cacciatore, così accade alla sorte di Nina.

La ragazza sulle rive del medesimo lago, s’innamora di Trigorin, il quale, senza alcuna malvagità, approfitta della sua femminile smania di aprire le ali, la porta via con sé a fare l’attrice, la rende madre di un bimbo che, però, muore e infine la lascia tornare a casa annientata. Ad attenderla c’è il giovane Konstantin, anch’egli scrittore in cerca di gloria, che la ama da molto tempo. La madre di lui, però, Arkadina, disprezza l’inconsistenza delle sue liriche fantasie mentre l’amata Nina non vuol saperne di lui…

Primo dei quattro capolavori che Čechov scrisse per il palcoscenico, “Il gabbiano” è un dramma delle illusioni perdute: nelle angosce, nei turbamenti, nelle sconfitte dei suoi protagonisti, c’è tutta la complessità dell’uomo moderno. Per la prima volta in Italia viene rappresentato nella versione del 1895, quella precedente alla censura zarista.

Scrive il regista Marco Sciaccaluga:

Guardando il vostro teatro, bisogna essere dei mostri di virtù per amare, compatire, aiutare a vivere queste nullità, questi sacchi di trippa che siamo… Vedete, a me pare che trattiate gli uomini con il gelo del demonio!». Con folgorante sintesi, così scriveva Maksim Gorkij a Cechov, dopo aver assistito ad una rappresentazione di “Zio Vanja”. A me pare che stia proprio lì l’essenza del genio di Cechov: la feroce denuncia del nostro nulla, coniugata in una continua altalena di ridicolo e patetico, diventa uno stringente invito a compatire, ad amare questi esseri inutili che siamo. Il palcoscenico di Cechov è la forma più gentile, condivisa, ironica di spietatezza. Il suo “Teatro della Crudeltà” è il più “umano” che io conosca.

“Il gabbiano”
di Anton Cechov
versione italiana di Danilo Macrì

con Roberto Alinghieri, Alice Arcuri, Elsa Bossi, Eva Cambiale, Andrea Nicolini, Elisabetta Pozzi, Stefano Santospago, Roberto Serpi, Francesco Sferrazza Papa, Kabir Tavani, Federico Vanni

regia di Marco Sciaccaluga
scene e costumi di Catherine Rankl
musiche di Andrea Nicolini
luci di Marco D’Andrea

Una produzione Teatro Nazionale di Genova

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