Per un pensiero altro

La sartoria della vita

Per un Pensiero "Altro" è la rubrica filosofica di IVG: ogni mercoledì, partendo da frasi e citazioni, tracce per "itinerari alternativi"

Pensiero Altro 19 settembre 2018

Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista?
Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero.

“Non è l’abito che fa il monaco” recita un antico adagio e tutti, più o meno, conosciamo il significato del detto ed accettiamo il suo valore anche alla luce del fatto che i proverbi, i motti e tutta l’espressione della saggezza antica è, in quanto tale, degna di rispetto e considerazione, figlia di radici profonde, di cultura popolare, di esperienze sedimentate e verificate nei secoli. Certo, qualche dubbio può sopravvenire quando si comparano affermazioni come “Chi fa da sè fa per tre” con “L’unione fa la forza”, oppure quando si deve calare una perla di saggezza valida nel tempo come “Moglie e buoi dei paesi tuoi” con la realtà della globalizzazione e dell’interrazzialità, ma è bene essere abitati da dubbi se si vuole conoscere qualcosa, infatti chi è convinto di sapere non cerca nulla ma sta edificando un mastodontico museo della propria ignoranza.

Ed ora torniamo all’adagio di apertura: è evidente che chiunque è in grado di indossare un saio senza per questo divenire un monaco, ergo, per dirla con il buon Renè che in prima istanza aveva fatto ricorso al più conversazionale donc, chiunque può atteggiarsi o fingersi altro da ciò che è senza per questo divenirlo. Andrebbe precisato che non è detto che quello che appare all’osservatore sia necessariamente ciò che intendeva rappresentare di sè l’osservato: mi spiego. Quante volte vi sarà capitato di affermare o di sentirvi dire “Questo da te non me lo sarei mai aspettato”, ebbene, che colpa ne ha l’osservato se l’osservatore, magari in assoluta buona fede e solo proiettivamente ed in modo inconsapevole, si attendeva da lui un determinato comportamento ed è stato deluso? Il fatto dovrebbe farlo sentire responsabile ed indurlo a falsificarsi per corrispondere alle aspettative dell’altro?

La questione, inizialmente tanto semplice si va facendo più complessa ed estesa, proviamo a ricondurla alla radice: intanto sarebbe utile sapere se un monaco senza saio è ancora un monaco, insomma, siamo ciò che facciamo o la nostra essenza è qualcosa di autonomo dall’azione, oppure, complichiamo ulteriormente il tema, l’essenza in noi determina il nostro agire così da farci divenire ciò che saremmo comunque stati? E quando parliamo di essenza a cosa facciamo riferimento? A quello che ha visto in noi l’osservatore? A quello che di volta in volta sentiamo come nostra verità? All’abito che da sempre indossiamo? Ma, come recita il titolo e come ben sanno i miei lettori più attenti, l’obiettivo di questa rubrica è suggerire uno sguardo altro, proviamo: se possiamo accettare per vero che l’abito che indossiamo non ci rende ciò che l’abito comunica, è anche vero che recitando troppo a lungo la medesima parte si diventa prigionieri della stessa senza più sapere se si è mai stati altro e senza più darsi la possibilità di rinunciare all’abito-prigione indossato da così tanto tempo da non ricordarsi più quando è stata la prima volta. Ben lo rappresenta l’Enrico IV del grande Pirandello.

Se intorno a noi tutti ci riconoscono per il ruolo che da sempre interpretiamo siamo sicuri di essere abitati da così grande energia da riuscire a far fronte alla delusione ed allo smarrimento di tutti quelli che ci hanno da sempre condiviso? E, ancor di più, siamo certi di essere in grado di dare vita alla costruzione ex novo di noi stessi una volta messi di fronte alle antiche abitudini, modalità relazionali, rasserenanti atti quotidiani, consolidati rituali … credo che tutti abbiano ben inteso di cosa sto scrivendo. Forse a molti è capitato di trovarsi di fronte al bivio, al poter scegliere, quanti sono riusciti a farlo? Quanti sono riusciti a non tornare sui propri passi? Forse il motto iniziale dovrebbe essere così completato:“Non è l’abito che fa il monaco ma a furia di portare il saio ti spuntano sandali ai piedi”,

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì: clicca qui per leggere tutti gli articoli

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