Rosso pistacchio

Esperia e i 58 pini recisi di corso Tardy e Benech

"Rosso Pistacchio" è la rubrica al femminile di IVG: ogni martedì si parla di donne con Marzia Pistacchio

Rosso Pistacchio

“Rosso Pistacchio” è la rubrica di Marzia, che ama definirsi “una truccatrice struccata”. Uno spazio al femminile dal taglio volutamente “leggero” in cui parlare a 360 gradi di tutto ciò che ruota intorno alle donne. In salsa savonese, naturalmente, e con le illustrazioni create “ad hoc” da Giusy Ghioldi.

Quanti uomini può avere una donna prima di essere considerata una poco di buono? Tre? Cinque? Dieci? Uno solo?
Quanti uomini può amare una donna durante la propria vita ? Tre? Cinque? Dieci? Uno solo?

Esperia Parodi se lo chiedeva spesso al buio, nella piccola stanza di Corso Tardy e Benech, avvolta nell’enorme e inutile coperta nuziale, eredità della nonna Nerina e, mentre le fronde dei pini si agitavano alla finestra, Esperia pensava che li conosceva quegli alberi uno ad uno, come fossero persone.

La Nerina, sua nonna, la aveva cresciuta in quella casa con le finestre sul viale, e le aveva insegnato tutto ciò che c’era da sapere: non farsi mai vedere senza rossetto, non innamorarsi mai, non rimanere mai incinta.
Gli uomini, loro sì, loro dovevano innamorarsi: perdere la testa, giocarsi i testicoli, essere pronti a far follie, essere pronti a sganciare.
Avere troppi uomini non era né piacevole né redditizio. Solo le disperate fanno così, diceva la Nerina, quelle del sud, pelose e scure come scimmie, e quelle senza una buona famiglia alle spalle.
Meglio pochi uomini affezionati, abbastanza sposati da non cercare assurde relazioni sentimentali, abbastanza infelici da cercare tra le cosce tornite di una signora benevola un po’ di amore fugace, abbastanza ricchi da mantenere gli sfizi e i capricci della signora in questione.

Nonna Nerina non ne aveva avuti tanti. Era stata brava. Esperia ne ricordava una decina di quegli zii solerti e devoti che mangiavano gli spaghetti sulla tavola immacolata della cucina, con i baffi impomatati e lo straccio da cucina come bavagliolo, per non sporcare la canottiera, che poi a mia moglie come lo spiego?
Una decina di zii benevoli e gentili, che le portavano un sacchettino di pomeletti o un campioncino di profumo francese, e che si presentarono tutti, silenziosi e addolorati, al funerale della Nerina, stroncata da un infarto mentre mescolava il suo famoso ragù.

Esperia non era stata altrettanto brava.
Nelle notti solitarie sulla sedia a dondolo ne aveva contati 58.
Erano tanti.
Troppi.
Esperia si innamorava. E loro fuggivano.
E a volte fuggivano senza nemmeno pagare. Come si può far pagare un uomo che si ama?

Nella stanza in corso Tardy e Benech Esperia Parodi collezionava amori e ferite di cuore.
C’era stato il salumiere e poi l’avvocato, lo stagnino, il giostraio, il camallo, il sergente.
E poi quel faccendiere svizzero, il politico, il sarto, lo speziale.
Esperia li accoglieva, apriva le gambe, li soddisfava, li portava nella cucina di formica bianca e preparava loro il ragù, che era buono, ma non così buono come quello della Nerina.
E loro tornavano dalla Esperia, perché Esperia era bella e piacevole e il suo ragù non era male. Ma poi Esperia si innamorava, iniziava a parlare di case, di cuori, di capanne, di bambini.
E loro fuggivano.

Esperia ad ogni abbandono, scendeva nel viale, accecata dalle lacrime con un coltellino in mano, e scolpiva sulla corteccia profumata di pino, l’iniziale di colui che le aveva spezzato il cuore.
Ne aveva contati 58.
Erano tanti.
Troppi.
Esperia non era stata una brava puttana e sola, al buio, nella sua stanza, ascoltava le fronde dei pini che si agitavano alla finestra a ricordarle tutto quel dolore, l’amore sprecato, la sua carne ormai flaccida e consumata, il suo ragù mediocre.

Quella mattina Esperia Parodi si svegliò con il rumore delle motoseghe.
Con fatica portò il corpo decrepito alla finestra e vide i pini a testa ingiù.
Tagliati, recisi, spezzati, sradicati, abbattuti, uccisi, sterminati.
Vide il salumiere e la sua bella moglie, vide il politico che l’aveva schiaffeggiata, il camallo e la sua risata crudele, il sarto che la aveva quasi uccisa facendola abortire.
Li vide tutti.
Ne contò 58.
Tagliati, recisi, spezzati, sradicati, abbattuti, uccisi, sterminati.
Esperia Parodi morì sulla sua sedia a dondolo nella stanza di Corso Tardy e Benech il giorno stesso in cui tagliarono i pini.
La trovarono avvolta in una coperta lacera, perfettamente truccata, con un dolce sorriso sulle labbra, e una pentola di scadente ragù in cucina.

“Rosso Pistacchio” è la rubrica al femminile di IVG, ogni martedì a cura di Marzia Pistacchio: clicca qui per leggere tutti gli articoli

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