Addio val bormida

Altare, fumata nera sulla vertenza Asset dopo l’incontro tra azienda e sindacati

La delocalizzazione della produzione sembra una scelta irrevocabile che porterebbe alla perdita definitiva di circa cinquanta posti di lavoro

presidio davanti asset altare

Altare. Cieli sempre più grigi sulla Asset di Altare dopo l’incontro odierno tra l’azienda e i sindacati per la procedura di esame congiunto. Presenti al tavolo il management aziendale, i rappresentanti del gruppo Brita e un consulente del lavoro che hanno illustrato meglio la decisione di delocalizzare la produzione in provincia di Varese. Come spiega il segretario provinciale della Fiom Cgil Andrea Mandraccia, “contestiamo innanzitutto le motivazioni addotte, in primis ciò che dicono sulle istituzioni, accusate di scarsa collaborazione, senza parlare del fatto che, per loro, qui non esiste un sito idoneo al loro ampliamento. Quanto precisato sulla presenza di polveri di carbone in valle sembra un appiglio e non un reale problema, visto che non dovrebbero insediarsi a Cairo e, soprattutto, considerato l’area individuata del varesotto, dove, a soli sette chilometri, ci sono depositi di idrocarburi, aziende che producono plastiche e sostanze chimiche”.

Parrebbe quindi una decisione inderogabile quella di chiudere i battenti in Val Bormida: secondo la Asset, infatti, il sito lombardo offrirebbe più vantaggi, anche logistici per la vicinanza con i fornitori.

“Ciò che non sapevamo, inoltre, era il fatto che la produzione in corso non si esaurirà a fine 2018, ma a dicembre 2019, quindi non comprendiamo la decisione di trasferirsi in fretta per dover installare le linee attuali e non quelle nuove per le quali è destinato l’ampliamento – prosegue Mandraccia – In merito all’offerta degli imprenditori Rapetti e Bagnasco per il sito di Dego, con cui c’era già stato più di un contatto, dall’azienda fanno sapere che non avevano ricevuto così tanta disponibilità fino ad ora, e abbiamo fatto notare che perdere circa 50 posti di lavoro porta a conseguenze anche di natura sociale, ed è quindi comprensibile che arrivino delle ancore di salvezza”.

Il prossimo aggiornamento è previsto per il 19 marzo. L’azienda dovrà rispondere anche sul piano della futura reindustrializzazione del sito altarese e, soprattutto, degli incentivi all’esodo dei dipendenti, che molto probabilmente non saranno nelle condizioni di accettare il trasferimento e verranno licenziati. “Nei prossimi mesi, comunque, è stato richiesto uguale trattamento per tutti i lavoratori, anche per gli interinali e quelli assunti con il jobs act. D’altronde a loro era stato garantito il futuro occupazionale in vista dell’ampliamento”, conclude Mandraccia.

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