Lettera al direttore

Ricorrenza

8 marzo

Festa Donna Mimosa

Domani ricorre la cosiddetta Festa della donna, che ricorda il 25 marzo 1911, data del disastro della fabbrica di camice Triangle, avvenuto moltissimi anni fa, in cui morirono bruciate vive, decine di donne tra i 15 e i 25 anni, che lavoravano in una struttura industriale, sita in un palazzo, le cui uscite erano state sbarrate, fu un disastro annunciato , annunciato come tanti femminicidi che con un ritmo infernale stanno accadendo da anni.

L’omicidio già di per sé è gesto criminale, ma fatto nei confronti di una donna o una ragazza è ancora più orrendo ed è solo lo step finale di un percorso fatto di abusi e di prepotenze.

Uomini che pensano di essere evoluti, nati e residenti in paesi evoluti, fanno scempio con ferocia medioevale, delle vite di donne, le quali dopo aver subito violenze, prima psicologiche e poi fisiche, tentano di affrancarsi e di ricostruirsi una vita normale. Non solo le donne sono il bersaglio della violenza omicida ma anche i loro figli sono l’oggetto di gesti di morte quasi a voler cancellare una generazione.

Fra le giustificazioni più ricorrenti addotte dai maschi assassini c’è la paura di rimanere soli, l’affronto fatto al maschio alfa, la sindrome dell’abbandono, la pulsione di una gelosia ossessiva, il sospetto o la certezza di un tradimento, motivi economici e certamente una grande dose di sadismo.

La brutalità maschile è trasversale a tutte le classi sociali e a tutte le età, non conosce limiti, tra gli uomini che si macchiano di femminicidi c’è di tutto : operai, medici, militari, insegnanti, imprenditori, professionisti, sacerdoti, sportivi, basta leggere le cronache di nera.

Questa follia omicida maschile nei confronti di centinaia di donne non è caratteristica di questa nazione mediterranea e di questa epoca, ma ha radici lontane, purtroppo, anche in altri continenti, cito ad esempio l’orrenda usanza, attualmente perseguita dalle autorità, in alcune regioni dell’India di bruciare viva la vedova sulla pira del marito morto, quasi che la moglie sia solo un oggetto posseduto dal defunto che non gli debba sopravvivere.

Nella stessa India è reato gravissimo picchiare una vacca sacra mentre è fatto quasi usuale e normale, lo stupro di gruppo su donne di ogni età, prese a caso, violentate e spesso assassinate e abbandonate come un sacco di rifiuti in un vicolo.

Nello stesso continente una donna che osa rifiutare un approccio di un corteggiatore, corre il rischio di essere orrendamente sfregiata in viso con acido muriatico, anche in questi casi le autorità di polizia agiscono con incredibile lentezza, sottovalutando le sofferenze delle donne.

In altri paesi migliaia di minori, ragazzine di appena 12 – 14 anni, ma anche più giovani, vengono costrette a sposare uomini che potrebbero essere loro nonni, in un atto che è una vera e propria compravendita tra la famiglia della “sposa” e l’acquirente che generalmente sborsa una cifra irrisoria per diventare totalmente padrone di una giovane vita. In questo caso la povera bimba diventa la schiava sessuale e la sguattera di quest’orco.

Mentre in Israele la donna può vestire l’uniforme e compie servizio in prima linea affrontando il fuoco nemico, nella quasi totalità dei paesi arabi che confinano con esso, c’è una realtà molto diversa, le donne sono sottomesse al maschio, devono portare, nella migliore delle ipotesi il velo o peggio, il burqa e non possono avere la patente per guidare un automezzo in quanto potrebbe essere una evoluzione sgradita ai maschi e alla teocrazia che guida quelle nazioni.

In molte regioni dell’Africa alle ragazzine viene imposta la ributtante pratica della infibulazione, la quale parte dal principio che la donna non debba godere del sesso e pertanto subisce la cucitura o la eliminazione chirurgica di alcune parti anatomiche dei genitali, una vera e propria menomazione permanente.

La crudeltà di questi uomini nelle zone tribali, si spinge sino ad introdurre all’interno della vagina di un frammento di rovi, queste pratiche inumane portano spesso a setticemie e alla morte di queste povere ragazzine.

Occorre assolutamente nel nostro paese un cambio di cultura, un lavoro di formazione sui giovani, affinchè crescano con dei valori nuovi e non vecchi e arcaici, e soprattutto con una considerazione più umana della donna, il cambiamento non ci può essere da noi, troppo fermi su culture obsolete ma dai ragazzi, noi dobbiamo solo tentare con grande fatica di non sbagliare e di avere un maggior rispetto verso le donne ricordando che tutti noi abbiamo visto la luce da una donna, dopo le sofferenze di un parto.

Roberto Nicolick

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