Mini-tassa

Adesso si paga anche per pesare frutta e verdura: i savonesi e la rivoluzione dei bioshopper fotogallery

A dispetto delle grandi distribuzioni, che si sono già adeguate, tanti piccoli commercianti e cittadini insorgono

Albenga, inchiesta sacchetti biodegradabili a pagamento

Albenga. La nuova tassa, che impone l’utilizzo e il pagamento dei sacchetti biodegradabili anche per alimenti sfusi (ad esempio frutta, verdura, carne, pesce, pane, gastronomia, etc), è scattata lo scorso primo gennaio 2018 ed è realtà anche in Riviera dove, però, a dispetto delle grandi distribuzioni, che si sono già adeguate tacitamente alla nuova normativa, i piccoli commercianti (alimentari, verdurieri, macellai, pescherie, etc) e i cittadini insorgono, mossi da rabbia, frustrazione e tante incertezze.

Il cambiamento, anche a livello materiale, è palese: rispetto ai vecchi sacchetti trasparenti in plastica, i nuovi sacchetti biodegradabili sono stati dotati di appositi manici (come un qualunque sacchetto di plastica) e sono stati marchiati con tanto di codice a barre. Ciò impone alla cassiera di turno o al negoziante, una doppia operazione: prima il “passaggio” dello scontrino apposito sul sacchetto e successivamente anche il passaggio dello stesso sacchetto (non riutilizzabile una seconda volta), il cui costo sarà regolarmente presente sullo scontrino. In caso di inottemperanza, sono previste multe salatissime, da migliaia di euro.

Ad appena 48 ore dall’entrata in vigore della nuova legge (numero 123/2017), Ivg.it ha passato in rassegna diversi supermercati della grande distribuzione locale situati ad Albenga, ma anche i piccoli negozi sparsi in centro città, dove l’umore è tutto fuorché sereno e dove è già iniziato lo studio dei primi “escamotage” per riuscire ad eludere la nuova mini-tassa.

Dalla Coop di Albenga (2 centesimi) al Tuo Dì di Cisano Sul Neva (2 centesimi), passando per la catena Del Balzo-Crai (dai 3 ai 5 centesimi in base alle dimensioni), Conad ed Eurospin (2 centesimi), il messaggio è chiaro: la grande distribuzione si è già adeguata, con prezzi variabili (da 2 a 10 centesimi) e con tanto di cartelli espositivi nelle aree ortofrutta e nei pressi dei banchi macelleria, gastronoimia, pescheria e panetteria. Una sorta di vadevecum, su cui, oltre alla spiegazione della nuova normativa, vengono anche enunciate le regole a cui sottostare e ciò che non è assolutamente consentito fare: ad esempio, “si ricorda che non è consentito sostituire i sacchetti con propri imballaggi portati dall’esterno del negozio, né usare un unico sacchetto per più prodotti diversi”.

I negozianti non fanno tanti giri di parole e sono confusi, ancora prima che arrabbiati o delusi. In tanti lamentano scarsa informazione e scarsa chiarezza da parte dello Stato, a maggior ragione in relazione ad una legge divenuta attiva proprio sotto Capodanno, quindi in un periodo di festa in cui anche tanti commercialisti e professionisti sono in ferie e non posso pertanto are consigli o ragguagli ai propri assistiti. Inoltre, essendo diversi negozi sprovvisti del dispositivo per la lettura del codice a barre, ci si chiede se saranno i negozianti a doversi dotare (a proprie spese) del macchinario apposito oppure se basterà “semplicemente” riportare il codice a mano in cassa prima di emettere lo scontrino. C’è poi chi, convinto della “scorrettezza” della nuova imposta, ha già annunciato l’intenzione di non acquistare più sacchetti di plastica, limitandosi all’utilizzo del classico sacchetto di carta, ma non solo. Altri, infatti, hanno fatto sapere di non essere intenzionati a richiedere ulteriore denaro ai propri clienti, confermando di voler continuare a regalare il sacchetto alla propria clientela di fiducia, anche per paura di perderla.

“Mentre nei supermercati è difficile avere a che fare direttamente con direttori e responsabili, noi serviamo direttamente i clienti, alcuni dei quali vengono da anni e anche quotidianamente, – hanno dichiarato alcuni negozianti. – A fronte di un incasso minimo ottenuto dai nuovi sacchetti, rischiamo di perdere diversi clienti di fiducia. Siamo stretti una morsa tra lo Stato che pretende che ci adeguiamo e la nostra clientela affezionata, che ci sostiene e alla quale risulta difficile chiedere ancora qualcosa in più. Il supermercato, forse, con un ricambio continuo, può permettersi di perdere un paio di clienti, ma noi assolutamente no”.

Di certo la rabbia maggiore si registra proprio tra i clienti (in particolare anziani), tra i comuni cittadini che, dopo la crisi economica e l’aumento di numerose tasse, si sentono nuovamente colpiti da un ulteriore balzello che appare inevitabile, ma non tutti ne sono convinti. Qualcuno, infatti, ha già avanzato l’ipotesi di recarsi direttamente al supermercato o nei negozi (benché vietato) con propri sacchetti o addirittura con cassette di plastica e cestini di vimini. Altri, invece, hanno già tentato il “colpo gobbo”, inserendo più alimenti in un unico sacchetto e apponendovi sopra tutti gli scontrini. Altri ancora, infine, hanno tentato di “etichettare-prezzare” ogni singolo prodotto (mele, pere, ananas, sedano, insalata etc) inserendolo poi sfuso nel carrello per insacchettarlo direttamente in cassa. Metodi teoricamente non consentiti dalla nuova normativa ma che, di certo, saranno riproposti più e più volte nei modi più svariati pronunciando sin da ora un braccio di ferro tra clienti, consumatori e Governo.

“Questa decisione conferma ancora una volta la volontà dello Stato di lucrare su qualsiasi cosa e tra un po’ tasseranno anche l’aria che respiriamo, – il commento dilagante dei clienti di supermercati e negozi. – Va bene che si tratta solo di pochi centesimi, ma la spesa si fa quotidianamente o al massimo settimanalmente e alla fine dell’anno i ‘pochi centesimi’ si trasformeranno magicamente in migliaia di euro”.

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