Riflessione

Il testamento biologico passa in parlamento, l’intervento dell’arcivescovo emerito di Ferrara Luigi Negri

All'incontro organizzato nell'auditorium San Carlo di Albenga dall'ufficio diocesano delle comunicazioni sociali insieme al Centro Aiuto Vita-ingauno

Albenga Incontro Luigi Negri

Albenga. “Sul testamento biologico, la Chiesa cattolica ha perduto una battaglia, senza combatterla. Noi non abbiamo mai vinto nessuna guerra, però almeno le abbiamo combattute. Oggi avviene una modificazione radicale del tessuto giuridico del nostro Paese, in ordine ai problemi della vita ed è come se la cosa a noi cattolici non interessasse più di tanto. C’è stato un tentativo condotto con molta sapienza e saggezza per confondere le acque, cioè i mezzi della comunicazione sociale hanno servito questa causa, passando il messaggio che questa legge va bene così come è, è inutile discuterne più di tanto, rappresenta un aspetto positivo perchè allinea l’Italia con le nazioni evolute dell’Europa. Sarebbe da dimostrare se allinearsi con le Nazioni evolute dell’Europa sia un fatto positivo o negativo, la novità per la novità non è mai stato un elemento fondamentale, soprattutto non è mai stato verificato in positivo”.

Con queste parole è cominciato l’intervento pubblico dell’arcivescovo emerito di Ferrara, monsignor Luigi Negri, all’incontro organizzato, ieri pomeriggio, nell’auditorium San Carlo di Albenga, dall’ufficio diocesano delle comunicazioni sociali insieme al Centro Aiuto Vita-ingauno. Il dibattito è stato moderato da Eraldo Ciangherotti, collaboratore di “Avvenire”.

“Chiariamo prima di tutto – ha spiegato l’arcivescovo Negri al numeroso pubblico presente in sala- le posizioni fondamentali che interessano una retta coscienza cattolica e in seconda battuta facciamo una riflessione a cui seguano conseguenti atteggiamenti, perché una cosa di questo tipo avrà bisogno che qualcuno, pochi o tanti non ci interessa, prenda sul serio questa cosa e tenti per quanto possibile di condizionarne l’attuazione. Secondo il magistero della Chiesa, la vita è un mistero, è il mistero della presenza di Dio che crea dal nulla il suo interlocutore, la persona umana, che diventa un avvenimento straordinario ed unico perché è figlio di Dio. La dignità umana nasce dal fatto che l’uomo non appartiene a se stesso, ma ad un altro e da quest’altro la sua vita riceve consistenza, esistenza, energia, possibilità di cammino. La vita non è oggetto di istituzioni, la vita umana come tanti altri aspetti dell’esistenza sociale sono di competenza delle strutture istituzionali ma per rendere effettivo il diritto alla vita, alla libertà, alla giustizia, alla cultura, il diritto alla mobilitazione dell’esistenza”.

“Non è che si possa dire la legge è illegittima, tocca al popolo italiano poter reagire fino a stabilire o lavorare per stabilire se la legge è legittima, ma questa legge che ieri è stata legittimamente votata dal parlamento italiano contiene un’altissima problematicità, perché intende interferire sugli aspetti ultimi dell’esistenza umana che non sono a disposizione di nessuno, neppure dei genitori, meno che mai delle istituzioni civili. C’è un intervento delle istituzioni in un campo che non è specificamente il loro. Accanto a colui che soffre consapevolmente o no, a colui che porta il peso di questa fatica che può rappresentare esperienze terribili di dolore fisico e morale, accanto a questo, adesso, c’è l’espressione della Istituzione: i medici che lo hanno in cura, gli specialisti settoriali a cui medici decidono di offrire il caso perché venga adeguatamente valutato e risolto, sono essi che sono chiamati ad avere un’autorità che non è l’autorità della vita normale. Lo Stato concede ad alcuni di intervenire nella vita di alcuni cittadini e questi non hanno nessuna autorevolezza se non quella data dalle istituzioni, sono i medici esperti, gli psicologici e altro. C’è uno slittamento terribile. È incongruo che scompaiano i rapporti parentali e siano sostituiti dai rapporti istituzionali.”

“In forza di quale autorevolezza un medico può arrivare nello spazio di questa persona malata e dire ‘si si, è meglio la morte dolce’. La dolce morte, per difendersi dalla quale Eluana Englaro, che era vigile ma non comunicava, (era pretestuoso e falso dire che non era in grado intendere e comunicare), ha lottata contro questa dolce morte che l’aspettava, fino ad arrivare ad Udine (dove l’operazione è accaduta ed è avvenuto ciò che giustamente è stato definito l’omicidio di stato), con la pelle delle mani sopra e sotto incise dalle sue unghiate, perché Eluana non voleva accettare quello che si presumeva sarebbe accaduto. La legge è stata condotta come fosse un problema di esperti. La vita dei cittadini italiani che hanno la pienezza dei loro diritti, perché hanno anche assecondato per tutta la vita i loro doveri, va in mano a degli esperti che trattano la vita come viene normalmente trattata nella tecnologia medicale dei nostri ospedali, come dei protocolli che devono essere verificati ed attuati. Tutti coloro che avevano detto di non votare il disegno di legge in parlamento, alla fine hanno votato, presi dal tempo, per far passare un risultato legislativo e per presentarsi alle prossime elezioni mostrando qualcosa. Pensate che bella cosa mostrano i partiti di maggioranza alla cittadinanza italiana, mostrano di aver favorito l’intrusione delle Istituzioni nell’ambito sacro della vita al suo nascere e al suo declino”.

“Io credo – ha proseguito monsignor Luigi Negri – che occorra una presa di coscienza. Bisogna che i cattolici prendano coscienza che la legge sul testamento biologico è una cosa gravissima ciò che è accaduto, è una depauperazione della nostra vita sociale, è uno scardinamento degli equilibri tra le istituzioni, lo Stato esce dall’ambito specifico in cui è stato giustamente confinato, per investire il campo della vita sociale senza nessuna regolamentazione, attribuendo a se competenze che non gli sono proprie. Occorre un’opera di sensibilizzazione del mondo cattolico per ciò che è accaduto, perché tra due giorni chi ha votato queste cose farà di tutto per farle dimenticare non come contenuto ma come ferita inferta alla vita della nostra società. Tutte le volte che riusciremo a far si che una vita venga decisa dai competenti, questa vittoria è una vittoria della posizione aversa alla fede. Tutte le volte che avveniva un aborto era una vittoria delle forze avverse alla fede”.

“Nel silenzio pratico di tutti i giorni, da quando la legge sull’aborto è diventata legge, 7 milioni di Italiani non sono nati. Ecco perché coloro che reggono l’economia mondiale dicono che dobbiamo accettare tutti gli extracomunitari, perché devono riempire i posti degli italiani che non ci sono più e quindi che non lavorano più. Quindi, prima di tutto, bisogna informare dettagliatamente il popolo cristiano e in secondo luogo dobbiamo fare un tipo di intervento specifico su coloro che vivono in questa situazione. Avere una preoccupazione pastorale per questi ammalati gravi che si avviano ad essere presto o tardi terminali, il parroco può sapere se vi siano case dove ci sono questi ammalati gravi, far capire a questi genitori e parenti che la Chiesa vuole aiutarli a continuare a vivere la loro responsabilità resistendo al tentativo che lo Stato ha già fatto di sottrarre a loro questi diritti”.

“Infine, in previsione di tentativi di reduplicare questo successo in altro campo, è necessario che il popolo cristiano venga invitato a vivere in uno stato di permanente mobilitazione. Il popolo italiano ha avuto un esemplare capacità di mobilitazione sui temi dell’educazione. Con i due family day il popolo cattolico ha mandato a casa a un governo, un governo che guardava le cose dall’alto con la tipica strafottenza di coloro che ritengono di avere in mano tutto il potere. C’è una sensibilità del popolo cattolico a sentirsi mobilitato per l’educazione. Occorre pertanto una mobilitazione permanente, che non è andare a cercare il pericolo dove non c’è ma è una sensibilità a non lasciar passare imprudentemente niente perché tutto ciò che è concesso all’approssimazione ci viene incontro come legge già fatta  e stabilita. Questo lavoro di mobilitazione deve vedere unita la diocesi, unito il gruppo delle diocesi in una regione, perché questi non sono problemi che si possono risolvere soltanto nell’ambito di una singola diocesi” ha concluso l’arcivescovo emerito di Ferrara, Mons. Luigi Negri.

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