Alimentar-mente 360

Il pandolce genovese tra storia e leggenda

"Alimentar-Mente 360" è la rubrica di alimentazione e benessere di IVG, a cura di Sara Paleologo

Alimentar-mente 360

“Alimentar-Mente 360” è una rubrica curata dalla dottoressa Sara Paleologo, biologa nutrizionista, ed ideata per soddisfare a 360 gradi le curiosità dei savonesi in materia di Alimentazione e Benessere. Il tutto con un linguaggio semplice ma sempre mantenendo una lieve impronta scientifica. “Prenderò spunto da eventi che si svolgono a Savona e provincia – spiega Sara – per elaborare articoli in cui verrà affrontato il tema dell’alimentazione (piatti tipici locali, tradizioni e stili alimentari) e del benessere (sia fisico che psicologico), in linea di massima proiettando la trattazione verso gli aspetti che maggiormente promuovono la salute della persona”.

Ormai manca davvero poco a Natale e la tradizione, in cucina, inizia a farsi sempre più sentire. In occasione delle festività ogni regione d’Italia porta in tavola i suoi piatti tipici e, diciamocelo pure, noi liguri non abbiamo nulla da invidiare ai nostri connazionali. Se penso ai dolci mi viene subito in mente il pandolce genovese (o panettone genovese), un prodotto gastronomico tipico del capoluogo ligure.

Tuttavia la sua diffusione ha ormai interessato un po’ tutta la regione: basta fare un giro nei panifici e nelle pasticcerie savonesi per poterlo trovare facilmente. Il pandolce genovese ha forma circolare e ne esistono tipicamente due versioni, uno “alto” più morbido e uno “basso” più frolloso. Il pandolce alto è paragonabile ad una torta lievitata ed arricchita con pinoli, arancio, cedro e uvetta; quello basso invece è più elaborato e oltre ai classici canditi vengono aggiunte ciliegie rosse e nocciole. Pare che la versione alta (a lievitazione più lunga) sia quella nata per prima mentre il pandolce genovese basso risale alla fine del 1800, quando furono inventati i primi lieviti chimici.

Secondo una leggenda, il merito di questa invenzione gastronomica è da attribuire al doge Andrea Doria quando nel ‘500 bandì un concorso tra i pasticceri genovesi per la realizzazione di un dolce nutriente e di lunga conservazione. Andrea Doria, ammiraglio e grande navigatore, conosceva bene la dura vita di mare per cui capì fin da subito l’importanza di aver a bordo una pietanza con tali caratteristiche. Fu così che nacque il panettone genovese.

Nel corso dei secoli intorno a questo dolce è nato un vero e proprio rito: a portarlo in tavola deve essere il più giovane della famiglia il quale lo consegna al capofamiglia. Quando quest’ultimo inizia ad affettare il pandolce la donna di casa recita una poesia di Natale. A questo punto inizia la distribuzione delle fette tra i commensali ma (attenzione!) due fette devono essere conservate. La tradizione vuole che una fetta venga donata al primo mendicante che bussa alla porta di casa mentre l’altra deve essere portata in tavola il 3 febbraio, il giorno di S. Biagio (santo protettore della gola). Oggigiorno, purtroppo, stiamo un po’ perdendo quelle che erano le usanze di nostri avi ma mangiare una fetta di pandolce genovese a Natale può essere un buon modo per ricordare che le tradizioni sono solo che un piacere. Per il corpo e per la mente.

Se hai un dubbio, una curiosità o vuoi proporre un argomento inerente all’alimentazione che ti piacerebbe approfondire, scrivimi al mio indirizzo (sara.paleologo@gmail.com). Sarò felice di risponderti nel prossimo articolo!

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